Regia di Robert Florey vedi scheda film
Giallo con forti venature gotiche ed espressioniste, dalla struttura narrativa piuttosto debole - pur se opera di Curt Siodmak - ma impreziosito dalla notevole performance di Peter Lorre, nel solito ruolo di pazzo visionario. Eccellente sia la regia di Robert Florey che gli incredibili (data l'epoca) effetti speciali.
Santo Stefano (Italia), fine del XIX° secolo. Nella lussuosa "Villa Francesca" abita il pianista Francis (Victor Francen), celebre artista americano ritiratosi a vita privata dopo una grave malattia che lo ha reso invalido alla mano destra. Accudito dall'infermiera Julie (Andrea King), Francis condivide la sua ricchezza con il compositore musicale Conrad (Robert Alda), il fedele Hilary (Peter Lorre) - appassionato di astrologia nonchè addetto alla cura di una prestigiosa libreria - e alcuni inserventi. Dopo aver confessato di avere modificato il testamento Francis muore, apparentemente a causa di una disastrosa caduta. Sopraggiungono gli unici parenti, un cognato e il nipote, in occasione della lettura testamentaria: erede dell'intero patrimonio risulta essere la sola Julie. I parenti, in accordo con l'avvocato Duprex (David Hoffman), intendono recuperare le precedenti volontà del defunto (custodite in una cassaforte) essendo intenzionati a invalidare, per supposto raggiro, l'eredità. La successiva morte di Duprex, avvenuta per strangolamento, allarma però la polizia. Il commissario Ovidio (J. Carrol Naish) scopre che nella cripta qualcuno ha misteriosamente amputato la mano sinistra al cadavere di Francis. Hilary sostiene poi che responsabile del delitto è proprio la mano di Francis, inspiegabilmente animata di vita propria.
"Questa è la storia di quanto successo - o sembra essere successo - nel piccolo paese italiano di Santo Stefano, circa cinquant'anni fa."
(Didascalia iniziale)
Molto liberamente ispirato da un racconto di William Fryer Harvey [1], il solitamente eccellente Curt Siodmak scrive una sceneggiatura piena di incongruenze, con inserimento forzato di personaggi e temi non del tutto chiariti (i testi di astrologia e lo stessa presenza di Lorre, ospite non meglio definito di Francis). Dirige l'esperto Robert Florey, in seguito impegnato unicamente nella direzione di alcuni episodi di famose serie televisive (tra le più celebri: Ai confini della realtà e Alfred Hitchcock presenta). Ambientato in una fittizia località italiana (all'inizio una diligenza giunge in paese da Rapallo), ricostruita negli studi americani della Warner, Il mistero delle cinque dita inizia lentamente, con certa prolissità nei dialoghi e con focus sull'immancabile sdolcinata storia d'amore (tra Conrad e Julie). Presto però l'attenzione cade sul personaggio di Hilary, un grandioso Peter Lorre coinvolto nel solito e adatto ruolo di folle, certo di assistere a manifestazioni soprannaturali: vede la mano suonare al pianoforte, uccidere, nascondersi tra i testi di una immensa libreria, uscire da un contenitore per poi correre lungo i saloni della villa. L'ambientazione sontuosa ma tetra, perfettamente fotografata in un bianco e nero suggestivo, assieme ai mirabolanti trucchi (ancora oggi d'effetto), sono il pezzo forte del film che in più occasioni ricorda certe riprese tipiche del cinema espressionista tedesco. Da metà tempo in poi, Il mistero delle cinque dita assume l'aspetto d'un piccolo gioiello gotico, anche se rimane in tutta sostanza un giallo che sconfina solo ipoteticamente, con buon gusto e un pizzico d'ironia, nel genere horror. La mano contenuta in una scatola, intravista in una breve scena del film (omaggiata persino da Tim Burton ne La sposa cadavere), ha certamente ispirato quella più famosa presente nel serial televisivo La famiglia Addams (1964); mentre l'incredibile finale con Hilary aggredito dalla mano sembra essere stato riproposto volutamente nella lunga sequenza presente ne La casa 2 (Sam Raimi, 1987), quella cioè che vede Bruce Campbell lottare in maniera grottesca con il suo stesso organo prensile, reciso e animato di vita propria.
Curiosità [2]
La Warner Bros realizzò a basso budget il film, ritenendolo di scarso profilo culturale, adatto a un pubblico poco esigente. Paradossalmente invece Il mistero delle cinque dita ha acquisito estremo valore, venendo particolarmente apprezzato per la strepitosa performance di Lorre e per la solida regia di Florey.
Il pezzo di musica per pianoforte suonato da Francis Ingram (Victor Francen) e, successivamente, dalla sua mano sinistra disincarnata, è "Ciaccona in re minore" (Bach, 1723), arrangiato successivamente per essere suonato dalla sola mano sinistra da Johannes Brahms. Il leggendario pianista ungherese-americano Ervin Nyiregyhazi ha eseguito il brano suonato dalla mano mozzata nel film.
Durante le sequenze d'introduzione del personaggio interpretato da Peter Lorre, lo vediamo assorto su un testo (fittizio) di astrologia, attribuito a Federico Lombardo.
La veglia funebre al corpo di Francis è accompagnata dal pianto e dai lamenti delle prefiche, tipica usanza meridionale che in questo caso disturba i parenti americani convenuti (cognato e nipote). In genere i riferimenti ad usi e costumi italiani sembrano essere inseriti nel lungometraggio in maniera alquanto imprecisa e quasi prevenuta: il paese (inesistente) di Santo Stefano è comunque geograficamente posizionato nel racconto in prossimità di Rapallo e Chiasso (quest'ultima località citata in occasione del tragitto di fuga programmato dalla coppia Conrad/Julie), con ciò s'intende essere in zona del tutto estranea a questo tipo di pratica.
Luis Buñuel ha ricordato, nella sua autobiografia ("My last sigh"), che su richiesta della stesso regista scrisse la sequenza della mano in movimento tra i testi di una libreria, poi inserita nel film, pur non essendo citato nei crediti di sceneggiatura.
La frase latina incisa sul camino di Villa Francesca ("Nulla dies sine linea"), significa "Nessun giorno senza una linea". In altre parole un artista, indipendentemente dalla sua specializzazione, non dovrebbe mai lasciar passare un giorno senza creare qualcosa.
NOTE
[1] "La mano è quasi l'unico elemento salvato dal romanzo di Harvey, ma, mentre nel testo abbiamo un vero e proprio arto posseduto da potenze demoniache, che volontariamente si fa estirpare dal vecchio zio del protagonista per poter vivere liberamente, nel film abbiamo una mano lenta, quasi intorpidita, che poi si rivelerà essere solo un'allucinazione della mente perversa del protagonista."
(Letteralmente da "I due volti del terrore", pag. 299. Recensione a cura di L. Etruscus)
[2] Parzialmente dall'imdb.
"Ero dotato, sono dotato. A volte mi guardo le mani e mi rendo conto che sarei potuto diventare un grande pianista o qualcosa del genere. Ma che cos'hanno fatto, le mie mani? Mi hanno grattato le palle, hanno scritto assegni, hanno allacciato scarpe, hanno tirato la catena del water ecc. Ho sprecato le mani. E la testa."
(Charles Bukowski)
Trailer
F.P. 11/02/2022 - Versione visionata in lingua inglese (durata: 88'30")
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