Regia di John Carpenter, Tobe Hooper vedi scheda film
Horror a episodi. Discreto, ma non memorabile.
All’interno di un obitorio, lo stravagante medico legale, un insolito John Carpenter, che qui oltre a fare l’attore, cura anche la regia, racconta tre storie horror con protagonisti alcuni degli "ospiti! della camera mortuaria. Il primo episodio, "The Gas Station", narra le disavventure di una studentessa, alla sua prima notte di lavoro, in una stazione di servizio in periferia, viene perseguitata da un serial killer; l’episodio si spinge in territorio thriller e pur essendo nella sostanza convenzionale, utilizza appieno i movimenti della mdp e un montaggio efficacemente concitato, per raggiungere il giusto climax tensivo, lo spettatore sente il fiato sul collo dell’assassino, in agguato al di fuori dell’inquadratura. Nel secondo racconto, "Hair", Stacy Keach è ossessionato patologicamente dall'incipiente calvizie, dopo patetici tentativi di nascondere la pelata, aspramente stigmatizzati dalla sua fidanzata, decide infine di sottoporsi al trattamento del dottor Lock, che in uno spot televisivo promette risultati strabilianti, in una sola notte e senza interventi chirurgici, con l'impiego di una prodigiosa lozione;la cura ha risultati sbalorditivi, ma terribili e bizzarri effetti collaterali; il regista Sulkis, coadiuvato dal solito Carpenter, esprime qui le sue critiche ai cittadini americani, frivoli, fissati per l’aspetto esteriore e spinti massicciamente dai mass media allo sfrenato e irrazionale consumismo. Nella terza ed ultima storia, firmata da Hooper, un giocatore di baseball Mark, a causa di un drammatico incidente d’auto, perde un occhio; i chirurghi che lo assistono riescono a praticare un intervento miracoloso, trapiantandogli il bulbo oculare estratto ad un cadavere. Tutto sembra andare liscio, finché il nostro Mark non è travolto da incubi spaventosi, che gli fanno confondere immaginazione e realtà; flashback rivelatori dell'identità del "donatore" dell'occhio: un serial killer, morto per mano del boia. Qui la regia per enfatizzare le potenzialità del soggetto, utilizza un massiccio uso della ripresa in soggettiva, cosi lo spettatore vive in prima persona il tormento del protagonista. La chiosa del film è beffardamente grottesca. Il prodotto cinematografico, che ricorda nella struttura il film antologico "creepshow," anche se impreziosito da presenze illustri del panorama horror e anche da qualche interessante spunto di riflessione, rimane comunque in zona “intrattenimento”
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