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Moby Dick. La balena bianca

Regia di John Huston vedi scheda film

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La recensione su Moby Dick. La balena bianca

di Immorale
8 stelle

"Chiamatemi Ismaele. Alcuni anni fa, non importa quanti esattamente, avendo pochi o punti denari in tasca e nulla di particolare che m'interessasse a terra, pensai di darmi alla navigazione e vedere la parte acquea del mondo. È un modo che ho io di cacciare la malinconia e di regolare la circolazione. Ogni volta che m'accorgo di atteggiare le labbra al torvo, ogni volta che nell'anima mi scende come un novembre umido e piovigginoso, ogni volta che mi accorgo di fermarmi involontariamente dinanzi alle agenzie di pompe funebri e di andar dietro a tutti i funerali che incontro, e specialmente ogni volta che il malumore si fa tanto forte in me che mi occorre un robusto principio morale per impedirmi di scendere risoluto in istrada e gettare metodicamente per terra il cappello alla gente, allora decido che è tempo di mettermi in mare al più presto" (Moby Dick di H. Melville)

Huston usa il memorabile  incipit del romanzo di Melville per accompagnare la veloce presentazione di questo vagabondo che decide di "andar per mare" e di recarsi a Nantuncket, all'epoca capitale americana della caccia alla balena, dove viene assoldato dalla baleniera Pequod, per una quota di 1/30 del pescato, insieme ad un bizzarro cannibale tatuato con il quale ha condiviso la stanza la sera prima. Qui farà la conoscenza del Capitano Achab e della sua strana ciurma. L'adattamento cinematografico del romanzo di Melville focalizza maggiormente la tensione narrativa sulla figura maledetta di Achab, ponendo in secondo piano le figure degli altri ufficiali (Starbuck, Stubb e Flask) e le (lunghe) digressioni tecniche sulla pesca della balena (Melville si era ben documentato sull'argomento); viene infatti esaltato il lato avventuroso della vicenda e non focalizzato pienamente l’aspetto simbolico della figura della balena bianca (sorta di rappresentazione di un Dio vendicativo ed oscurantista). Non un difetto, in ogni caso, infatti tali implicazioni religiose ed umanistiche sono perfettamente esemplificate, con pochi e ben calibrati tocchi, dalle suggestive sequenze della locanda e della chiesa, dove vengono contrapposti i rituali e le litanie "tribali" quasi blasfemi dei marinai alla stentorea e dura predica del reverendo Mapple (da antologia la carrellata sulle lapidi istoriate sulle pareti della chiesa e sulle persone presenti alla funzione).
La graduale condivisione del resto dell'equipaggio alla “pagana” ossessione di Achab, viene schematizzata in poche battute, scegliendo di lasciare briglia sciolta al talento istrionico di un Gregory Peck monumentale ed alla sua incontrollabile deriva che condurrà lui stesso ed i suo “adepti”, ineluttabilmente,  fra le fauci della bianca divinità vendicatrice. Ottima la sceneggiatura del Grande Bradbury e la vivace fotografia.    

Sulla trama

Semplificata ma funzionale.

Su John Huston

Ottima.

Su Gregory Peck

Istrionico.

Su Orson Welles

Convincente.

Su Richard Basehart

Discreto.

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