Regia di Marco Ferreri vedi scheda film
Sembrerà assurdo, ma la cosa migliore del penultimo, amarissimo, film di Marco Ferreri è Jerry Calà. Non è esattamente una grande prova, ma la sua forza sta proprio nell’ambire ad essere una grande prova, nel sottrarre involontariamente, nell’essere uomo di ripiego che vorrebbe essere star: Calà, col background dell’attore comico che aspetta da anni il ruolo drammatico per farsi valere (Totò docet), è struggente nel ritratto di questo uomo di seconda mano nervoso ed ossessionato da una figura femminile (brava Sabrina Ferilli) che incarna ogni cosa, il quale riversa tutto se stesso in un diario che è confidente silenzioso, giornale di bordo, sfogatoio. La compianta Lietta Tornabuoni parlò del vizio di un diario più che del diario di un vizio, e c’aveva ragione. Il fatto è che spesso il mezzo del diario risulta meccanico, quasi come se Ferreri avesse voluto affidare tutto alla parola scritta, un po’ per pigrizia e un po’ per sfizio. Non del tutto riuscito, con molti passaggi ripetitivi e senza un reale slancio, il film soffre della vena crepuscolare e disillusa, al di là del cinismo, dell’ultimo Ferreri, che rinuncia ad una vera storia per realizzare la rappresentazione di uno stato d’animo dilaniato e frustrato. Gato Barbieri sottolinea il nervosismo vivacemente erotico del protagonista, affermando ancor di più come il personaggio stesso sia il film, e basta.
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