Regia di Billy Wilder vedi scheda film
Ho un debole per il Wilder drammatico degli esordi, di cui "The lost week end" è un ottimo esempio, che riesce quasi a bissare lo straordinario exploit del capolavoro noir "La fiamma del peccato" dell'anno precedente. Una volta tanto, perfino l'Academy of motion pictures premio' un film importante come questo dandogli quattro Oscar per il film, la regia, la sceneggiatura e l'attore protagonista. Tra i film che trattano il tema dell'alcoolismo "Giorni perduti" è uno dei più intensi e credibili, capace di mostrare il calvario della dipendenza e la sindrome autodistruttiva dell'aspirante scrittore Don Birnam senza fare sconti, anche se purtroppo devo unirmi agli spettatori che ritengono il lieto fine piuttosto frettoloso e inverosimile. Wilder era un genio con gli attori e qui riuscì a portare al culmine del suo talento un interprete estroso ma non sempre eccellente come Ray Milland; al suo fianco buona anche la prova di Jane Wyman in un personaggio più convenzionale di fidanzata premurosa che lotta per salvare Don dalla piaga della bottiglia. Wilder era un regista che sapeva sempre unire un certo grado di sofisticazione visiva alle sue sceneggiature di ferro: qui si ricordano in particolare gli esterni desolati di New York dove vaga un Birnam sempre più disperato, con uno stile che in certi momenti si fa visionario (l'incubo del pipistrello è un'efficace invenzione di regia). Il crescendo drammatico è sottolineato da una musica di Miklos Rozsa che fa pensare al cinema noir; si tratta davvero di un film coi fiocchi e spiace che un finale semplicistico ne riduca un po' la potenza narrativa, anche se mi rendo conto che nell'immediato dopoguerra il pubblico non avrebbe facilmente accettato uno scioglimento all'insegna del pessimismo.
Voto 9/10
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta