Regia di Sergej M. Ejzenstejn vedi scheda film
Fumo nero dalle ciminiere delle fabbriche, catena di montaggio, le ombre dei lavoratori che discutono, tutto è calmo ma
Riflessi nelle pozzanghere, le grandi ruote meccaniche che girano, linee architettoniche che ritagliano lo spazio dell’inquadratura, grassi padroni fumano sigari seduti dietro le loro scrivanie, furia, primi piani di volti scimmieschi, agenti infiltrati e identità animali, sovraimpressioni come travestimenti.
Suonano le fisarmoniche in un giorno di festa, luce e aria aperta.
Nel sottosuolo, le stampe clandestine, il bolscevismo e le idee, pronti ad esplodere.
La cinghia di una cinta tesa nel vuoto, un corpo che pende, l’accusa di un furto e l’ombra di una vergogna, un sacrificio.
I corpi come forza, motore dell’azione.
Centinaia di corpi, un solo corpo: il proletariato.
Il movimento della massa, compatta, inarrestabile, da un’inquadratura all’altra, dirompente.
Braccia conserte: SCIOPERO!
Tempo libero. Tempo senza lavoro. Tempo umano. Da passare con i bambini, imparando da loro.
Si parla, si discute nei boschi. Crescono le domande. I corridoi e le sale vuote della fabbrica. I diritti sul lavoro. Per uomini e donne.
I primi piani dei padroni, volti gonfi, il fumo dei sigari, le ciminiere del capitale.
La polizia a cavallo a disperdere gli incontri degli scioperanti, la massa che fugge, tutti seduti - schiacciare i lavoratori, per ottenerne il succo, l’energia vitale.
I soldi finiscono, l’arrivo della fame.
Controlli e pedinamenti, una macchinetta fotografica nascosta dentro un orologio, i negativi, i riconoscimenti, vicoli di notte e pioggia in cui colpire.
I pestaggi e i balli borghesi, i bicchieri di champagne, feste e nani danzanti.
Il re è folle, nei suoi vestiti di stracci, la bocca sdentata, gli sguardi invasati – un campo pieno di botti interrate, un richiamo, le teste, poi i corpi, escono fuori, insieme.
Fiamme, fumo e confusione. Rabbia ardente. Incendi e violenze.
Esplosioni. Vodka. Deliri alcolici.
Acqua e idranti, eiaculazioni repressive, una strada morta, corpi plastici, tensione drammatica in getti e spruzzi che distruggono la composizione formale dell’inquadratura.
Cortili interni come ambienti di un penitenziario, il sadismo del potere, le bestie affamate di sangue, la strage, un’architettura di corridoi, ringhiere e passaggi, gli operai costretti in fughe e punizioni, una strage, le risate oscene dei padroni.
I corpi del proletariato.
Come carne da macello.
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