Regia di Paolo Taviani, Vittorio Taviani vedi scheda film
I fratelli Taviani si sentono lanciati, ma si impantanano in un film pretenzioso e appesantito da pretese di rivolta formale ed estetica.
Dei fratelli Taviani apprezzo più di qualche film, ma qui, secondo me hanno fatto cilecca.
L'intento è abbastanza evidente: costruire un ritratto dei dissidenti di estrema sinistra – italiani e latino-americani – con in sottofondo la morte di Togliatti. Il tutto utilizzando una forma e uno stile avanguardistici, con un occhio alla nouvelle vague francese (specie Godard, quanto al montaggio a scossoni e “tic”). Il risultato, però, è un film confuso, con personaggi scarabocchiati e molte sequenze inutili, che si vorrebbero forse cariche di significato. La trama è arruffata: del resto, una delle parole d'ordine del cinema pre- e post-sessantottino era la destrutturazione del racconto, come segno di rivolta verso il cinema classico. Si tratta però una rivolta di fine a se stessa, il cui unico risultato fu la produzione di film con la trama confusa, o senza trama.
Lucio Dalla (doppiato?) interpreta un rivoluzionario figlio di borghesi, ma il suo personaggio è scorbutico e aggrovigliato (alza la voce e ride senza motivo); Giulio Brogi, dal canto suo, interpreta il militante venezuelano, e anche lui non manca quanto a strane movenze e strane reazioni. Gli altri personaggi sono più realistici, ma anche abbastanza incolore.
Certi simbolismi – come Brogi che scappa giù per le scale con la ragazza, e la mamma di lei che li insegue in ascensore – sono buchi nell'acqua.
Il bellissimo "San Michele aveva un gallo" sembra girato da altri registi. Qui la noia mi ha assediato, e le mie difese hanno capitolato.
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