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I sovversivi

Regia di Paolo Taviani, Vittorio Taviani vedi scheda film

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La recensione su I sovversivi

di tafo
6 stelle

Film berlingueriano antelitteram più che post togliattiano.

Dopo Togliatti e prima di Berlinguer essere sovversivi non era ancora un problema di ordine pubblico ma soltanto di identità politica. La fine di un epoca quella della fedeltà alla linea del partito era superata nei fatti dalla realtà qui filmata. Lo smarrimento dei nostri e delle figure sullo schermo è il segno evidente dell’inizio di qualcosa di nuovo che deve fare i conti con questa confusione esistenziale prima che ideologica.  Un nuovo fermento che nulla a che spartire con il terrorismo che sta per entrare in scena. Qui infatti ci troviamo di fronte a storie borghesi, ad artisti e compagni divisi tra passioni e politica, vita e arte, pubblico e privato. Dentro quella bara non c’è solo uno dei più importanti uomini politici del novecento, comunque la si pensi, ma c’è di più c’è un pezzo di storia del nostro paese e non solo che sembra però ormai appartenere al passato. Il futuro è più complesso guarda ad ovest, all’America latina invece di guardare al regime sovietico, il centro della lotta si è spostato nel giardino del nemico più forte dove il boom non è ancora arrivato e il sottoproletariato esiste ancora. Il futuro è più complesso per una morale comunista che non accetta, almeno in pubblico,  dei rapporti diversi da quelli che non siano  monogamici e coniugali, quando scopri tua moglie a letto con un’altra donna capisci che non puoi restare indietro devi andare avanti. Il futuro è più complesso quando l’arte recupera la propria libertà senza perdere la dignità e la voglia di raccontare di migliorare le cose. Opera di transizione  tra due fasi politiche e in senso temporale nella carriera dei registi,   per quello che racconta e per come lo racconta. Film riformista che espone una nuova idea di esistenza, propositiva per non dire progressista nella sostanza, indecisa tra il  realismo  delle immagini del funerale e la distorsione formale  di quello che verrà  dove infine  la critica all’ideale viene coperta dal disordine della  caotica visuale piccolo-borghese.  

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