Regia di Mervyn LeRoy vedi scheda film
Tornato dalla prima guerra mondiale con grandi ambizioni, un uomo abbandona l’impiego che aveva e va in cerca di fortuna. Finisce quasi subito a fare il barbone, poi rimane coinvolto senza colpa in una rapina finita col morto e viene condannato a dieci anni di lavoro forzati. Riesce a evadere, e questa volta gli va meglio: passo dopo passo si fa una posizione nel campo dell’edilizia, realizzando il suo sogno. Però la padrona di casa, che ha scoperto il suo passato, col ricatto lo costringe a sposarla e, quando lui intende divorziare perché innamorato di un’altra, lo denuncia. Trovandosi in Illinois, accetta di essere trasferito in Louisiana (dove stava scontando la pena) dietro assicurazione che riceverà la grazia in tempi brevi. Ma le autorità, irritate per la campagna di stampa che aveva iniziato a condurre contro le condizioni detentive di quello stato, si rimangiano la parola; a questo punto l’uomo evade di nuovo, condannandosi però a una clandestinità perpetua. Capostipite, e caposaldo, del filone carcerario, con numerose filiazioni nei successivi titoli del genere (es. la fuga finale in camion di Nick mano fredda, ma si ricordi anche la parodia di Allen in Prendi i soldi e scappa), il film è un durissimo atto di accusa contro un sistema giudiziario sadico e disumano: per il protagonista, che grazie alla sua laboriosità è riuscito a costruirsi una vita esemplare (e quindi ha mostrato nei fatti di essere stato recuperato alla vita civile), la seconda prigionia è come una discesa agli inferi, un ritorno all’incubo da cui era uscito. Coraggioso, specialmente per l’epoca, il finale cupo e senza speranza in cui l’uomo, latitante ormai da più di un anno, torna a salutare un’ultima volta la donna amata e poi scompare nel buio per sempre.
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