Regia di Mervyn LeRoy vedi scheda film
E' un film di grande impatto, che incatena fin da subito lo spettatore, il quale finisce per partecipare emotivamente alle sorti del protagonista. E' tratto da un romanzo autobiografico. La narrazione è molto veloce e compressa, poiché racconta in neanche un ora e mezza diversi anni della vita del protagonista, con tutte le vicissitudini che ebbe. Rimane impressa la rappresentazione dei campi di lavori forzati che allora (e oggi?) si trovavano negli Stati Uniti, con il lavoro spossante, il cibo quasi immangiabile, e le guardie più che spietate, sadiche. Impressionante la serie di angherie che veniva inflitta ai condannati, e il fatto che alcuni ne morissero non aveva alcuna importanza. Fanno impressione anche i giudici, sadici e vendicativi anch'essi. Quei luoghi, più che rieducare chi aveva sbagliato, lo incattivivano ancor di più e lo rendevano cinico (come quello che si fuma la sigaretta sulla bara del compagno morto). Paul Muni dà un'interpretazione di alto livello, che ricorda l'appena passato cinema muto. Forse l'unico errore che fa il protagonista è all'inizio quando, per la fretta e la smania di strafare, lascia il lavoro e va allo sbaraglio da uno stato all'altro con la depressione che regna, trovandosi presto disoccupato e affamato. Il resto non è che un carissimo prezzo di questo errore. Indimenticabile il finale, aperto e disperato allo stesso tempo. Chi crede (e sono molti) che un film del 1932 non possa essere bello, si guardi questo capolavoro.
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