Regia di Richard Fleischer, Kinji Fukasaku, Toshio Masuda vedi scheda film
Si discute da anni sul perché fu possibile l'attacco giapponese sulla base navale statunitense di Pearl Harbor del 7 dicembre 1941. Il film di Fleischer, Masuda e Fukasaku privilegia un doppio binario di spiegazioni, cioè quello di un disguido nella consegna della dichiarazione di guerra da parte giapponese e di una grave sottovalutazione degli elementi che facevano presagire l'attacco, sul fronte americano. Entrambe le tesi sono state, di recente, messe in discussione. Nelle intenzioni del governo giapponese, infatti, c'era il progetto di consegnare agli USA la dichiarazione di guerra mezz'ora prima di sferrare l'attacco su Pearl Harbor; la marina e l'esercito nipponici, tuttavia, riuscirono, mediante alcune manovre, a ritardare l'ufficializzazione dello stato di guerra, per avere il tempo di portare l'attacco con piena sorpresa del nemico. Oltre a ciò, è da considerare che un'ora e mezza prima di Pearl Harbor, truppe giapponesi attaccarono i soldati britannici di stanza nel sultanato del Kelantan, in Malesia. Ciò serve a sgomberare ogni dubbio, almeno secondo autorevoli studiosi (v. ad es. Kenneth G. Henshall nella sua "Storia del Giappone", Mondadori) sulla volontà nipponica di colpire un nemico ancora impreparato. E' pur vero, peraltro, che gli americani affrontarono con superficialità quasi incredibile i segnali di guerra che provenivano dal paese del sol levante, tanto da far avanzare più di un dubbio che, nelle alte sfere di Washington, l'attacco di Pearl Harbor sia stato per così dire "permesso", allo scopo di far accettare all'opinione pubblica statunitense l'entrata in guerra - che la maggioranza dei cittadini non voleva - a fianco degli anglo-francesi e contro le potenze dell'Asse. Detto questo, non c'è che da godersi un film che alcuni hanno considerato un po' noioso nella prima parte, ma che, secondo me, funziona alla perfezione come climax per una seconda parte che si concentra sull'azione bellica pura e semplice e che, in alcuni momenti, sfiora il capolavoro. Le riprese aeree, pur rifuggendo da inutili acrobazie, sono tra le meglio realizzate del genere, ed allo stesso tempo la regia non si allontana dagli uomini e dai loro stati d'animo, che fossero alti ufficiali oppure soldati di truppa. Così, allo stupore di questi ultimi per la totale assenza delle difese antiaeree di fronte al veemente attacco (ed anche alla sorpresa, da parte nipponica, per la facilità con la quale il raid ebbe successo), si contrappone il dolore ed il rammarico degli alti ufficiali americani per non essere riusciti a difendere la base hawaiiana. Ed in questo, i tre registi subentrati dopo un paio di settimane a Kurosawa (che proprio nel 1970, se non vado errato, tentò il suicidio), non fanno sconti a nessuno: non esistono, qui, personaggi completamente positivi o del tutto negativi, bensì, ognuno di loro è presente con i propri difetti e con i propri errori, così come con i propri rimorsi e slanci d'umanità. Come di solito è nella vita.
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