Regia di Jacques Deray vedi scheda film
Delon e Belmondo insieme in film che, se non abbiamo mai visto, ne abbiamo sentito almeno la colonna sonora.
È una pellicola abbastanza nella norma, per quanto riguarda le grosse produzioni che scritturano due o più divi di grosso calibro. Sarà un caso, ma questo genere di prodotti soffrono sempre di difetti di varia misura ed entità, più o meno sempre quelli. Sono dovuti non so se alla voglia di strafare, di esagerare, al senso di ebbrezza che i divi comunicano, oppure alla tentazione di trascurare i dettagli o i contenuti del film, visto che non vale la pena indugiare dietro a queste preoccupazioni quando si hanno fra le mani assi pigliatutto.
Ebbene, anche questo “Borsalino” non fa eccezione. Intendiamoci, non è fatto male, anzi, ma di zavorre ce ne sono. Per esempio, ci sono troppe scazzottate e troppo lunghe, e la trama è sovraccarica di personaggi ed eventi, specie nella prima parte del film. In quest'ultima, per di più, il registro è incerto tra il tono faceto e ironico, e quello serio. È un'incertezza che un po' confonde lo spettatore. Nella seconda parte il film si calma un tantino, e ne guadagna, anche abbandonando l'inopportuno tono scherzoso di prima.
Bisognerebbe conoscere la genesi del soggetto e della sceneggiatura, ma pare che essi vogliano rappresentare l'ascesa di due malviventi di basso rango alle alte sfere della criminalità, e lo facciano con troppa spavalderia e sicumera. Tuttavia, questo messaggio è un po' annacquato e arruffato, forse a causa di correzioni successive. A questo proposito, l'innesto di altre tematiche non sviluppate non è proprio felice, come la corruzione della politica e la sua collusione con la criminalità; oppure il tema dell'amicizia tra i due, la quale si vede all'improvviso solo alla fine.
Jacques Deray aveva in mano la dinamite, e forse l'emozione o la voglia di raggiungere le stelle gli hanno fatto girare un film tutto sommato impersonale, inferiore ad altri suoi di piccolo cabotaggio (come “Morti sospette” con Lino Ventura).
I due protagonisti sono naturalmente in forma, e finiscono per essere l'unico motivo vero di interesse di questo film, oltre alla colonna sonora.
Il tema musicale divenne giustamente famoso, e contribuisce non poco a dare al film quel tono giocoso di cui parlavo sopra. Per esso e per altri elementi, mi chiedo se George Roy Hill abbia visto “Borsalino” prima di dirigere “La stangata”, quello sì ironico ma in modo opportuno, anche perché non violento.
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