Regia di Orson Welles vedi scheda film
Generalmente relegato fra le opere minori di Welles, per una supposta intraducibilità in immagini del romanzo di Kafka a cui si ispira, Il processo è, invece, un adattamento per molti versi rischioso e originale dell'opera letteraria dello scrittore boemo. Qui era inutile aggrapparsi alla fedeltà alla lettera del romanzo, ma la fedeltà allo spirito c'è sicuramente, e la si trova nella logica allucinata della narrazione. Lo stile di Welles resta fedele a un barocchismo di derivazione espressionista che aveva caratterizzato molte opere precedenti e che anche in questa occasione riesce a produrre meraviglie nell'aspetto visivo del film, a partire dall'uso in chiave onirica delle scenografie della Gare d'Orsay parigina, fino al consueto utilizzo degli obiettivi grandangolari per deformare le prospettive e rendere certe sequenze più simili ad un incubo (ad esempio quella in cui il protagonista va dal pittore Titorelli per chiedere spiegazioni sull'assoluzione provvisoria e differita e viene ossessivamente spiato dalle fessure del muro di legno da una banda di ragazzine in cerca di allettamenti voyeuristici). La polemica sulla società disumana e massificata e l'iniquità del potere totalitario resta lucida e non scade nel qualunquismo, concludendo il film con l'esplosione di una bomba che richiama da vicino quelle di Hiroshima e Nagasaki e risuona come un grave monito contro la follia della corsa agli armamenti, assai attuale negli anni sessanta. La scelta di Perkins come protagonista è stata criticata da parecchi, forse non del tutto a sproposito (nonostante il suo impegno, l'attore tradisce una certa rigidità nell'espressione, che non aveva in Psycho di Hitchcock); fra i comprimari, mi è piaciuto soprattutto lo stesso Welles come avvocato Hastler, cinico e perfido al punto giusto, mentre le partecipazioni di Jeanne Moreau, Elsa Martinelli e Romy Schneider restano un pò accessorie (ma delle tre, la migliore è sicuramente la Schneider, perfetta complice del mefistofelico avvocato). Qualche caduta nel ritmo dovuta ad episodi meno felici sicuramente c'è (e bisogna registrare la presenza di una scena insolitamente violenta di pestaggi e maltrattamenti fisici da parte della polizia), ma nel complesso resta un'opera di indubbio prestigio formale e buona resa espressiva.
voto 8/10
un pò irrigidito nella parte di Joseph K, anche se secondo alcuni assomigliava molto allo stesso Kafka
appare in una sola scena, verso l'inizio, e ha troppo poco spazio per lasciare il segno, come faceva di solito
brava nel ruolo di Leni, complice dell'avvocato Hastler
avvocato viscido e corrotto, interpretato senza eccessi di gigioneria
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