Regia di Orson Welles vedi scheda film
Ansiogeno e claustrofobico, Welles allestisce un congegno diabolico, una messa in scena piuttosto fedele del romanzo di Kafka che ricrea l'atmosfera cupa ed oppressiva delle pagine del libro. Perkins bravissimo, particina anche per il regista stesso. Sul significato del capolavoro kafkiano è pressochè inutile discutere: metafora dell'incomprensibilità dell'esistenza umana, dell'aggressività del potere o dell'annichilente peso dell'identità in un complesso sociale sordo ed indifferente, atto di accusa al senso di colpa cattolico o romanzo dal pesante strato autobiografico, Il processo è storia della letteratura mondiale. E solo Welles poteva riuscire in un progetto così ambizioso e delicato come la trasposizione filmica di tale opera. Ben fatto, ben giocato fra pesanti ombre e soffitti schiaccianti in un leggiadro bianco e nero.
Joseph K. è un impiegato umile e senza nulla da nascondere. Eppure un mattino gli viene presentato un atto di comparizione in tribunale per l'inizio di un processo a suo carico. Ma nessuno vuole rivelargli le imputazioni. La situazione si fa sempre più angosciante e paradossale, fino al verdetto di morte, inspiegabile e inspiegato.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta