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Il processo

Regia di Orson Welles vedi scheda film

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La recensione su Il processo

di sasso67
8 stelle

Forse soltanto Orson Welles poteva provare a trarre un film da un'opera letteraria difficile, probabilmente impossibile da rappresentare, come "Il processo" di Kafka. E bisogna dire che, per quanto il film non sia assolutamente perfetto né troppo fedele al romanzo, Welles è riuscito in qualche maniera a riproporre allo spettatore le stesse angosciose sensazioni, il senso di soffocamento e di piccolezza di fronte alla LEGGE che lo scrittore boemo ha fatto percepire a milioni di lettori in tutto il mondo. Potrà apparire strano che proprio un americano del Wisconsin (ma è strano anche che non l'abbia fatto qualche europeo!) abbia sentito l'esigenza di tradurre in linguaggio cinematografico "Der Prozess", ma se poi si pensa che questo americano si chiama Orson Welles, è un genio cosmopolita (ha interpretato l'anima americana con "Quarto potere" e poi girato e recitato moltissimo in Europa) ed è votato alle imprese più affascinanti e disperate (soprattutto per i produttori), il dubbio che mi sono posto si scioglie facilmente.
Fin dall'inizio siamo catapultati nel mondo di Josef K., un mondo opprimente sia a casa (una misera cameruccia in affitto) che al lavoro (un ambiente sterminato brulicante di ometti curvi sulle loro scrivanie), con un'alternanza spaesante di spazi angusti, come la camera di Josef, dai soffitti bassissimi, per accentuare il senso di claustrofobia che colpisce lo spettatore prima ancora che il personaggio, e altri locali sovradimensionati, come l'aula del tribunale - dove Josef si deve arrampicare per arrivare al tavolo dei giudici - o i corridoi labirintici e quasi piranesiani. Convince poco, però, la presenza di Anthony Perkins nella parte del protagonista (come dice Claudio M. Valentinetti sul Castoro dedicato a Orson Welles "purtroppo Perkins ha solo l'aria dello scemo hollywoodiano"), pur fisicamente somigliante al Kafka reale. Nonostante ciò, e nonostante la discrepanza tra il Josef K. del romanzo e quello del film, molto più polemico e combattivo del rassegnato personaggio originario, si percepisce ugualmente il senso di colpa insito nell'animo umano, che ci porterà a un'inevitabile condanna (non si fa mai cenno a qualcuno che sia mai stato assolto, salvo nelle farneticazioni millantatorie del pittore Titorelli, che parla di "assoluzione provvisoria o differita"), seppure non legata ad alcuno specifico reato commesso.

Sulla colonna sonora

Pur contenendo il bellissimo "Adagio" di Albinoni, avrei preferito un film senza colonna sonora.

Cosa cambierei

Avrei scelto un altro attore come protagonista.

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