Regia di Orson Welles vedi scheda film
Non è tanto fuori luogo rivedere nella vicenda del povero Joseph K., giovane impiegato di banca accusato e oppresso dal sistema per un motivo che neanche gli viene chiarito, il trattamento riservato a Orson Welles dalla Hollywood dei primi anni quaranta. Il processo è un film magistrale che ci restituisce una delle vette artistiche di un grande maestro della storia del cinema, qui già nel pieno della maturità. Welles adatta il romanzo di Kafka abbracciando il metafisico, ovviamente ragionato rispetto agli spazi scenici, quindi alle scenografie: claustrofobiche e distorte, collegate senza soluzioni di continuità così da fare il giro su loro stesse, facendosi labirintiche, pedanti, ossessive, così come diventa ossessiva la grande macchinazione alle spalle del protagonista. Quest’ultimo viene ingabbiato con meticolosa precisione dal regista, il quale dà fondo a tutto il suo repertorio espressivo: dal posizionamento degli attori nel quadro alle luci espressioniste, passando dal punto macchina basso, marchio di fabbrica dell’autore. Il pessimismo di Welles dilaga, ma le grandi prove attoriali sorreggono la regia raffinata, dinamica e tuttora moderna; grandissime anche le musiche di Jean Ledrut.
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