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Despair

Regia di Rainer Werner Fassbinder vedi scheda film

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La recensione su Despair

di alan smithee
8 stelle

Un industriale sull'orlo del crack finanziario nella Berlino del '29. Un personaggio infido e misterioso che cela personalità multiple e cova un piano diabolico, ma pure ingenuo e improvvisato per cercare di farla franca.Un grande Fassbinder che sceglie di mescolare le carte puntando sulle incognite della mente e sulla imprevedibilità della follia.

Hermann Hermann è un industriale russo immigrato a Berlino da oltre dieci anni, ove ha fondato una fabbrica che si occupa di produzione di cioccolato; una realtà che tuttavia sta attraversando una profonda crisi, a quanto appare senza grandi possibilità di sbocco.

E’ il 1929 ed il nazismo è ormai alle porte.

Hermann appare spesso stressato, preoccupato, ed in più fortemente complessato (anche se cerca di non darlo a vedere ostentando un atteggiamento tra l’ironico ed il divertito) a causa di una moglie molto disinibita che si concede ad un’amante in modo plateale e senza segreti; una donna prosperosa ed appariscente (resa efficacemente dall’attrice Andrea Ferreol) che il marito considera come un oggetto sessuale, o comunque niente di veramente più che soprammobile opulento e attraente, bello a vedersi, ma che non possiede un’anima né un cervello.

Hermann affronta il dissesto della sua azienda con un piglio ottuso, infantile, quasi improvvisato, formulando ipotesi campate per aria, e trascura completamente l’evenienza di farsi aiutare per curare gli scompensi caratteriali e la crisi di identità che, sempre in modo più frequente, lo assillano, lo turbano, rendendolo vulnerabile e completamente instabile.

Per trovare una soluzione al crack imminente della sua iniziativa industriale, l’uomo si convince di aver individuato in un poveraccio incontrato per caso, un suo probabile sosia.

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E inizia a progettare un piano che gli viene alla mente dopo aver conosciuto un anziano assicuratore che inizia a tartassarlo con offerte di polizze per far fronte a imprevisti che possano minare la sua incolumità a danno dei suoi familiari.

Hermann dunque uccide il suo presunto sosia e, rivestendolo dei suoi panni e indossando a sua volta quelli della vittima, il disperato improvvisa una fuga puerile e improvvisata che gli consentirà di vivere solo il miraggio di una avventura verso nuovi lidi e soluzioni di vita alternative ad una vita di famiglia diventata oppressiva per l’atmosfera densa ed irrespirabile che ne deriva..

Fassbinder firma con Despair un intricato, complesso thriller psicologico perfettamente ed ossessivamente calato nell’ambito del contesto storico che fa da sfondo insistente ed inevitabile alla vicenda; un percorso verso una deriva giocato tutto sulle sfaccettature caratteriali di un personaggio che stenta egli stesso a comprendersi, riconoscersi, definirsi.

Fassbinder si introduce in uno sdoppiamento di personalità che avrebbe esaltato De Palma, giocando a complicare le carte (e ci riesce perfettamente), ma puntando pure molto sull’ambiguità quasi repulsiva del suo protagonista, reso alla perfezione da un Dirk Bogarde che più di ogni altro si dimostra all’altezza di un ruolo in linea con molte delle sue altre magistrali interpretazioni cinematografiche.

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Un film che si ripara e cerca rifugio all’interno di appartamenti superbamente arredati (la casa sontuosa, dagli arredi impegnativi e sin pesanti, di fatto oppressiva, di Hermann entro la quale si muove civettuola la consorte, bambolona maliziosa che conosce sempre la soluzione efficace per ottenere il meglio dalla specie maschile), ma che rifugge una impostazione troppo teatrale grazie a movimenti repentini e circolari di una macchina da presa instancabile che volteggia continuamente con grande destrezza raggiungendo ogni angolo e sorvolando ogni particolare.

Arredi ed arazzi ostentati in cui spicca il colore viola, anzi lilla, che non può non ricordare la celebre marca svizzera di cioccolato caratterizzata dalla insolita mucca violetta impegnata placidamente a brucare sul prato.

Un film piuttosto poco visto, soprattutto perché circolato poco in Italia, con scarsi passaggi televisivi ed edizioni in dvd, ma riapparso in una versione sottotitolata e di gran lusso e perfezione tecnica grazie alla RaroVideo, che ha inserito il film in un cofanetto che comprende pure il televisivo “Voglio solo che voi mi amiate”.

 

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