Regia di Rainer Werner Fassbinder vedi scheda film
Impossibilità del doppio, per un regista che nello sdoppiamento della personalità ha sempre avuto uno dei tratti caratteristici sia nell'opera che nella vita ed ebbrezza dell'esilio, per un autore cinematografico tra i più profondamente tedeschi che abbiano calcato le scene nel dopoguerra.
Herman Herman, personaggio nabokoviano, è come lo Humbert Humbert di Lolita, un personaggio raddoppiato sia nel nome che nella personalità, dato che riesce a vedere un altro sé stesso agire fuori da sé stesso. Despair è un film pieno di doppi, che compaiono perfino in un (finto) vecchio film muto che i protagonisti vedono al cinema, dove due gemelli, uno poliziotto e l'altro criminale, si scontrano dentro un appartamento, nel quale il "cattivo" uccide il "buono", assumendone le sembianze e i vestiti, prima di essere a sua volta freddato dai colleghi dell'uomo di legge. Peccato che il doppio che si sceglie lo stesso Herman non gli somigli per niente (come avrebbe detto un altro doppio famoso, Johnny Stecchino), secondo una scelta geniale dello stesso regista, diversa in questo dal copione originale di Tom Stoppard. È verosimile che lo stesso protagonista si renda perfettamente conto che, contrariamente a quanto dice, il suo presunto sosia non sia tale e che si rifugi deliberatamente nella follia, con un tentativo di fuga durante il quale si comporta come Raskolnikov, nonostante che definisca Dostoevskij come una sorta di giallista da quattro soldi, e che si conclude con una patetica uscita di scena cinematografica.
Despair è un film nel quale Fassbinder dimostra di avere raggiunto una notevole capacità tecnica, affinata anche attraverso le opere precedenti, e forse anche di essere ormai pronto al magnum opus, come forse sarà, appena un anno dopo, Il matrimonio di Maria Braun, che gli darà notorietà internazionale e forse anche soldi. Però, a mio parere, Despair è anche un lavoro che risulta freddo per almeno due terzi della propria durata, anche a causa della presenza di un attore (Dirk Bogarde) che reputo grandissimo, ma che non faceva parte della ristretta, affiatatissima e fidata cerchia fassbinderiana, della quale si ritrovano Klaus Löwitsch (il presunto sosia) e Volker Spengler (il cugino/amante della moglie). L'attore inglese, soprattutto nella prima parte, è portato ad atteggiamenti fin troppo teatrali, con il rischio del gigionismo e, quel che è peggio, di snaturare almeno parzialmente il cinema del regista tedesco. Forse per questo, Despair non è il film di Fassbinder che preferisco, pur restando un'opera intelligente e feconda di possibili spunti di lettura, vuoi anche per lo sfondo in cui si svolge la vicenda di Herman Herman, con quelle camicie brune che cominciano, quasi discretamente, ad infestare le strade delle città tedesche.
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