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Il vento

Regia di Victor Sjöström vedi scheda film

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La recensione su Il vento

di EightAndHalf
9 stelle

L'aria anassimenea, il panta rhei eracliteo. Arché in movimento, dinamica, specchio dell'emotività, dello sconvolgimento. Quello stesso vento e quella stessa sabbia che nasconderanno il mare fertile e fruttuoso del finale di Acqua, vento, sabbia di Naderi. Il vento, Lillian Gish è il vento, il suo sguardo impaurito, dall'ingenuità alla rassegnazione. Lillian Gish è anche l'uomo che subisce il vento, le sue immense metamorfosi. Le trasformazioni, l'incredibile e asfissiante variabilità dell'emozione umana, masse d'aria accecanti e avvolgenti, che Sir William Turner dipingeva come neri ammassi roboanti che rinchiudevano la luce. Lo scorrere di tutto, la crescita, la crudeltà umana, tutto appiattito e slabbrato dallo stesso vento fecondo di morte, di distruzione, di rinascita. Sjostrom, con una regia partecipe e al limite dello sperimentalismo, ma anche con un grande gusto classico e melodrammatico, dirige un capolavoro epico e magniloquente, che diventa Cinema, successione di fotogrammi suadente e rigenerante. Bene e Male cambiano, non stanno mai fermi, gli uomini fuggono e sfuggono i legami umani, li cercano pateticamente con violenza e assenza di pathos. Il percorso di crescita, sottoposto ai ben tre corteggiamenti di Letty (Lillian Gish colossale che sbarra gli occhi come solo ZaSu Pitts), nella giovinezza, è il superamento di una paura ancestrale, arcana, che si rivela o si nasconde come il vento, il nostro animo tormentato. Non è una fresca brezza sulla pelle, né il fastidioso spiffero alla finestra, è un'ondata tenebrosa e apocalittica di passione naturale, di mistico sublime, di ricerca assetata di catarsi. Accettare il fato tradotto in Vento, lasciarsene investire, lasciare che i propri lunghi capelli si stendano, si flettano, farsi abbracciare da un'amore diventato odio, dimenticare i rancori passati, farsi invasare dal nostro sogno di bene, infossare il passato, ucciderlo con una rivoltella, seppellirlo perché ricompaia, muoversi sul binario della Vita senza rimpianti, completarsi e farsi completare, accettare l'esteriorità, il Vento. Dietro a una storia straordinariamente normale, l'impossibilità definitiva e necessaria della stasi, la totale mancanza di quiete che la Vita, come il Cinema, non sanno evitare. La grande uguaglianza esistenza e cinema, l'arte del movimento inafferrabile. La premonizione della sciagura si traveste di imprevedibilità, la tensione amorosa e scettica diventa una coppia di piedi, ripresi da soli, che anticipano l'esplosione della ricerca sessuale. L'ardore giovanile, che trasforma la rassegnazione in felicità, passerà attraverso un lampo, il singolo atto della crescita, che Il vento di Sjostrom decodifica, cattura, riduce a pochi fotogrammi per farne un'esistenza intera.

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