Regia di Claude Chabrol vedi scheda film
Francia, seconda guerra mondiale.
Marie Latour conduce una vita molto modesta con due bambini piccoli e il marito al fronte.
Un piccolo orto per coltivare patate e una minestra sempre più “sciapa” e invisibile.
La compagnia di una amica è l'unica distrazione che si concede nelle serate solitamente solitarie. Purtroppo l'amica è una ebrea e viene deportata in Germania senza nemmeno la possibilità di un ultimo saluto.
Questo distacco improvviso provoca in Marie un dolore immenso, che l'accompagnerà per tutta la durata delle sue vicende, e che forse le darà l'imput per un cambiamento radicale alla sua vita.
Una vicina di casa chiede aiuto a Marie per provocarsi un aborto. Un tubo di gomma, una bacinella con acqua calda e un pezzo di sapone, queste le cose necessarie all'epoca per provocare interruzioni di gravidanza. La vicina viene liberata dai suoi guai e ripaga Marie dandole in dono un grammofono. Comincia così la carriera di abortista di Marie.
La donna conduce due vite parallele: una di mamma e moglie (è tornato intanto il marito dal fronte), l'altra di donna intraprendente e senza scrupoli.
Marie vuole cambiare vita, avere più sapore nelle sue minestre, e comincia a chiedere soldi al posto di regali per i suoi servizi. Instaura un'amicizia con una giovane e bella prostituta, alla quale comincerà ad affittare la sua camera a ore. Conosce un bel ragazzo collaborazionista e ne diventa l'amante, traendo continui profitti e vantaggi dalle sue nuove conoscenze. Intanto il rapporto con il marito diventa sempre più freddo e burrascoso, tanto che lui ad un certo momento non accetta più compromessi, e decide di denunciare la moglie alle autorità.
In pieno periodo di austerità, il governo decide di utilizzare le vicende di Marie per dare un duro colpo a certe tendenze antipatriottiche.
Che differenza passa tra un governo che per convenzione manda in Germania migliaia di ebrei, con una donna che per necessità provoca aborti a donne che non hanno scelto di avere un figlio?
Le donne che vanno da Marie, sono donne che hanno subito violenza, o che sono rimaste incinte da uomini che poi sono partiti al fronte o deportati, o peggio... sono donne con già molti figli e che non riescono ad avere una ennesima gravidanza.
Marie Latour non è simpatica, non è una eroina dei tempi difficili, ne è piuttosto una vittima.
Come per la protagonista Amalia della commedia di Eduardo “Napoli Millionaria”, anche per Marie Latoru “...adda passà a nuottata”. La guerra, i tempi difficili, le ristrettezze hanno cambiato profondamente Marie, che nella vita voleva fare la cantante e non la moglie.
Marie incarna tutto ciò che di anti-donna ci può essere: poco materna, poco affettuosa, poco casalinga, assume atteggiamenti “maschili” quando diventa amante e adultera. Cerca il piacere carnale senza complicazioni di rapporti umani. Si adopera (facendosi pagare), per eliminare le complicazioni ad altre donne che (come lei?) cercano di “passà a nuottata” senza conseguenze durature.
Un film violentissimo, uno dei più violenti di Chabrol, che utilizza le parole di alcuni dialoghi come vere pugnalate, che arrivano senza lasciar respiro: “...non ho mai amato i miei figli, li ho tollerati... ma mai amati. Sono giovane, sono sposata da 8 anni e non sopporto più di vedere il mio corpo trasformarsi continuamente. Non ho mai amato i miei figli, nessuno... nemmeno il primo!”. Questo quello che una madre di 7 figli dice a Marie prima di procedere alla lavanda con acqua e sapone, già madre di 7 figli non sopporta l'idea di averne un ottavo. Uno dei monologhi più agghiaccianti che abbia mai sentito.
Marie tutto questo se lo lascia scivolare addosso, non ne rimane influenzata, procede con la sua attività di affittacamere per prostitute e abortista senza farsi mai un esame di coscienza, senza mai un rimorso, anche quando viene a scoprire che proprio quella madre di 7 figli muore per una infezione dovuta alla sua pratica.
Marie si sente autorizzata dai tempi a condurre una vita così, sono le circostanze a permetterle di fare quello che fa, si comporta come gli uomini che non si fanno tanti riguardi a mettere incinte le loro donne... poi è “un affare di donne” come risolvere la faccenda.
Marie Latour viene incarcerata e condannata a morte per le sue pratiche di abortista.
Anche in punto di morte non si redime, non mostra traccia di pentimento, rivolge una preghiera blasfema alla Madre Santissima “Ave Maria, piena di merda, marcio è il ventre tuo”, per lei la “nuottata” non passa.
A oggi non credo che esista un altro regista pari a Claude Chabrol. Chabrol aveva la capacità di dire per immagini e parole cose durissime e crudeli, con una precisione e una delicatezza di un chirurgo. Seziona la scena, ogni particolare ha l'importanza di un primo piano, niente va perso: la luce, gli scorci, i personaggi di contorno; soprattutto in un film come questo, molto corale.
Azzardo a dire che questo pare essere un film “a spirale”, tutto ruota intorno a Marie Latour, centro di ogni cosa, soluzione a tutti i mali e male ella stessa, capro espiatorio da parte di uno stato colpevole. Una spirale che diventa un vortice, alla fine del quale ci si sente svuotati, con un sapore amaro in bocca.
Che dire poi di Isabelle Huppert? Non basta dire infatti che questo ruolo le è valso la coppa Volpi alla Mostra di Venezia del 1988 come migliore attrice, e chissà quali altri riconoscimenti. In questo caso si rimane senza parole per quanto è brava e totalmente motivata. Con Chabrol la Huppert ha girato 7 film, questo è il secondo, credo che di più da una attrice non si possa pretendere o chiedere.
Dopo i titoli di testa, c'è una dedica: “Ce film est dedié a tous ses interprètes”, mai una dedica ad un film è stata più appropriata.
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