Regia di Claude Chabrol vedi scheda film
La storia della Francia ha una ferita ancora aperta, nel 1988 in cui esce questo film: si parla, chiaramente, dell'occupazione nazista che neppure mezzo secolo prima ridusse in ginocchio una delle nazioni più avanzate del mondo. Chabrol, con una sceneggiatura scritta insieme a Colo Tavernier O'Hagen, affronta il momento, difficile già di per sè, dal punto di vista femminile, raccontandoci la storia di una delle ultime persone giustiziate in Francia. Ma la pena di morte è soltanto l'ultimo - certo non il meno importante - dei temi scottanti trattati da questo Un affare di donne; si parla anche di fallocrazia e misoginia ("Gli uomini che perdono la guerra diventano cattivi come tori feriti", dice a un certo punto la protagonista), della solitudine disperata e disperante in cui la donna si trova in questo mondo - non tanto differente dal nostro odierno - in cui la sua unica ragione di esistere è e rimane quella di accudire i bambini e la casa. Mentre fuori imperversa il nazismo, la situazione può facilmente prendere risvolti tragici: ed è ciò che accade proprio in questa pellicola, nella quale - per fare un esempio - una ragazza si decide ad abortire solamente al terzo stupro da parte di un soldato tedesco. Toni crudi, realismo esasperato, con una Isabella Huppert intensa che si aggiudica per questo ruolo la Coppa Volpi a Venezia. Ai Cesar 1989 premiati, oltre alla Huppert, Chabrol e la non protagonista Trintignant. Musiche piuttosto raffinate di Matthieu Chabrol, figlio del regista. 6/10.
Nella Francia occupata dai nazisti, fra ebrei e antinazisti deportati e soldati tedeschi che stuprano le ragazze del posto senza fare troppi complimenti, la vita delle donne è difficilissima. Marie, per mantenere i propri figli, si dedica - pur non essendone affatto fiera - ad aborti clandestini e prende in casa delle prostitute. Tragico epilogo.
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