Regia di Paul Bartel vedi scheda film
A distanza di appena un anno dal cult Anno 2000, il regista Paul Bartel torna sul luogo del delitto e pare ripetere lo stesso identico film. Il leonino David Carradine sfreccia di nuovo sul suo bolide rombante in una corsa pazza priva di regole, stavolta illegale e non inquadrata in un programma governativo di controllo della violenza. In Cannonball è però del tutto assente la sia pur grossolana distopia à la Battle Royale del suo predecessore, e il film vira ben presto verso il nonsense più radicale. Si susseguono buchi di trama a gogò, con il protagonista che ha una marea di contrattempi (ad un certo punto è costretto a cambiare il suo bolide con un rottame) ma ineffabilmente è sempre a un’incollatura dai suoi velocissimi avversari. Accade tutto quello che ci si aspetta che accada, spesso con largo preavviso. Una scena lunghissima e inessenziale per lo svolgimento della storia è dedicata all’autodistruzione fine a se stessa di macchine su macchine che si scontrano fra loro in un’infuocata estasi quasi catartica. Se Bartel non fosse così naif e grezzo, si potrebbe azzardare che i riferimenti letterari di questa ecatombe stradal sono il Godard di Week-end o anche l’Altman di Nashville della memorabile scena del mega-incidente. Privato invece di qualsiasi sottotesto anarchico o sociologico anni ’70, Cannonball resta un film che trasforma quella che altrove sarebbe immondizia in spettacolo di buona presa e sicuro intrattenimento.
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