Regia di Arthur Penn vedi scheda film
Chi non ha amato Bonnie e Clyde, mitici protagonisti di fatti di cronaca che spesso si coloravano di nero, e alla fine anche di rosso (il colore del sangue).
Bonnie e Clyde, tipici prodotti delle conseguenze della crisi economica del '29, cominciarono quasi per gioco con qualche furtarello apparentemente innocente, e poi con lo stesso spirito quasi "goliardico" dell'avventura, arrivarono presto a rapinare le banche.
Perseguitati dalla polizia per la loro temerarietà, ma amati come Robim Hood dal popolo, rappresentarono con la loro audace filosofia di vita, un esempio comportamentale di forte presa soprattutto sulle classi meno abbienti messe in ginocchio dalla mancanza di soldi e di lavoro che stava sconvolgendo la vita di tutta l'America che ne miticizzarono le gesta.
Penn è stato bravissimo a raccontare quei fatti in un film che ha davvero segnatro un'epoca. Una modalità di rappresentazione che puntando sui risvolti romantici e melodrammatici della storia, preannuncia e anticipa tutte le successive avventure "on the road" del cinema della nuova Hollywood, oltre che l'ideologia della "vita vissuta" e del "tutto e subito" che costituì il fulcro portante delle passioni sessantottine.
Straordinari gli interpreti (un cast strepitoso, si direbbe adesso): Warren Beatty, Faye Dunaway, Gene Hakman, Michael J. Pollard (che avrebbe meritato migliore fortuna di quella che ha avuto successivamente), Gene Wilder. e Estelle Parson.
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