Regia di Arthur Penn vedi scheda film
Il gangster-movie conobbe un'ondata rivitalizzante da metà anni Sessanta in poi, anche per via dei nomi che dettero nuovo lustro al genere: "Gangster story" è uno degli esempi più memorabili di tale nuovo corso del cinema noir all'americana. La storia, romanzata certo, ma raccontata con stile e in maniera avvincente da un Arthur Penn nella sua fase migliore, della coppia di gangsters Bonnie Parker e Clyde Barrow, ci porta in un'America allo sbando, in cui la Grande Depressione ha riportato lo sviluppo indietro di cinquant'anni, e secondo il film, la stampa gonfiò di molto la leggenda dei due rapinatori. Penn, ed è palese, nutre simpatia per i suoi gangsters, rendendoli più avvenenti di quanto fossero quelli veri, e le dinamiche conflittuali all'interno della banda Barrow sono rese con abilità, coinvolgendo il fratello di Clyde e la sua isterica consorte. Senza negare concessioni allo spettacolo, il film dà conto anche della relazione difficoltosa tra Bonnie, che cova pulsioni sessuali, e Clyde, che cela una probabile omosessualità latente, e rende le scene sentimentali tra i due con rara delicatezza, fino al sanguinario finale che dipinge come brutale la furia dei poliziotti. Beatty-Dunaway attraversano il film con compiaciuto feeling, Gene Hackman è in una delle sue prime apparizioni importanti, Estelle Parsons vinse l'Oscar per il suo insopportabile personaggio. E in una piccola, ironica parte, c'è anche un giovane Gene Wilder.
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