Regia di Pietro Germi vedi scheda film
Bel film di un regista che non apparteneva ad alcun genere cinematografico. La sofferenza di quei poveri disgraziati è rappresentata in modo accorato e partecipe, e senza retorica o angolature ideologiche. E' una storia collegata al ben noto sottosviluppo del meridione, che però iniziò - come pochi sanno - con la dominazione piemontese. Si vede come povertà e disoccupazione abbiano stritolato molte vite e spinto tanta gente a lasciare per sempre il loro paese. Bravi gli attori e riusciti i personaggi del gruppo: il vedovo, Vanni, la donna segnata a dito... A riprova del fatto che Germi evitava per fortuna gli schemi ideologici, basta vedere la rappresentazione ambigua dei scioperanti emiliani. Io ero però un po' infasitdito da certi passi che sembravano contenere errori di montaggio o di inquadratura, come il trambusto alla stazione o l'episiodio dei covoni di grano in Emilia, tanto che si faceva fatica a capire con precisione cosa stesse accadendo. Poi ho letto che la censura impose di tagliare alcune scene, tra cui quelle con la polizia (vedi stazione di Roma). Allora la responsabilità di quei momenti poco chiari è probabilmente dei tagli imposti successivamente dalla censura. Contrariamente a quanto scrive il Mereghetti, trovo la voce di Germi nel finale per nulla irritante e datata, anzi. Certo, è un modo di parlare di una volta, ma Germi fa un bel commento all'azione e all'epilogo, enunciando alcuni valori e principi oggi - certo questo - passati di moda. Purtroppo, dico io. Si parla di solidarietà, di altruismo, di amicizia. Tant'è che il finale ricorda molto, secondo me, i film di De Santis. Siamo infatti qui in presenza di un Germi giovane, e tutto sommato ottimista, e sostenitore dei grandi valori. Il regista sarebbe passato in seguito per l'amarezza, il pessimismo, per arrivare purtroppo al cinismo.
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