Regia di Mario Monicelli vedi scheda film
Nell'estate del 1944, a Firenze, un ex-pugile di mezza età, Ginepro detto "Dieci", assembla una compagnia di improbabili atleti, con l'idea di racimolare qualche soldo e qualche alimento dando spettacoli di pugilato nelle fiere di paese. A bordo di uno sgangherato camioncino, il gruppo gira la Toscana, appena liberata grazie all'avanzata degli Alleati, acquisendo ulteriori membri e vivendo varie avventure e disavventure. I protagonisti concludono a mani vuote il loro tour, ma riscoprono il mordente della vita, dopo un lungo periodo di "buio". Una commedia on-the-road di Mario Monicelli, ambientata in una terra ed una società appena "emerse" dal dramma della guerra. Gli echi della recente tragedia non si sono ancora smorzati; qua e là ancora si spara, passano convogli carichi di prigionieri, si consumano le inevitabili vendette. Il comportamento delle truppe di occupazione delude i civili, i quali sono tratteggiati come i più colpiti dagli eventi. I cittadini sono ridotti alla fame; i villici hanno qualche risorsa in più e la difendono con accanimento. Ortaggi, uova, carni povere sono le nuove ricchezze. Ognuno si arrangia, tra sotterfugi e furberie; ognuno tenta di sopravvivere come può. Nonostante questa conclamata precarietà, le tonalità del racconto non sono assolutamente cupe. Prevale l'uso di colori chiari. La narrazione è accompagnata da una colonna sonora vivace (curata tra l'altro da Renzo Arbore); molte sequenze sono ambientate tra gradevoli paesaggi che mostrano una natura rigogliosa. Tutto ciò, unitamente alla nostra conoscenza di quei tempi, preludio di un percorso che ha portato la nazione sulla via del boom economico e del benessere, seppur tra mille contraddizioni, ci parla di "rinascita". Le persone sono felici, festeggiano. L'orrore della guerra è finalmente alle spalle; i suoi "protagonisti" già da questo momento iniziano ad apparire fuori tempo. In una sequenza, vediamo persone ancora affrontarsi in armi; sembrano isolati, totalmente estranei alla tranquillità dell'ambiente circostante. Un altro momento del film è dedicato ad un capo partigiano, alla cui fama di valoroso maturata in tempo di guerra non corrisponde altrettanto carisma in tempo di pace. Le truppe alleate, dotate di ogni ben di Dio, sembrano più impegnate nella ricerca di svaghi che nelle necessità belliche. Sono tempi eroici, a detta del personaggio narrante - un membro della compagnia - il quale racconta i fatti ad una cinquantina d'anni di distanza, con una punta di nostalgia, durante i quali vivere era equivalente a sopravvivere, assaporando ogni momento e dando valore alle piccole cose. Il cast è abbastanza affiatato, ma non ho apprezzato alcun attore in particolare. Paolo Villaggio, nel ruolo di Ginepro, è comunque un buon "leader". Degna di nota la presenza della sfortunata attrice Beatrice Macola (nel ruolo dell'ausiliaria fascista rapata per dileggio), stroncata da un ictus alcuni anni dopo le riprese, in ancor giovane età. Interessante l'idea di portare in scena un veicolo alimentato a gassogeno, relativamente comune in quegli anni, e testimonianza dell'italica arte di arrangiarsi. Trama e caratterizzazione dei personaggi dell'opera - un pugno di disperati viaggia nella speranza di migliorare la propria condizione - richiamano alla memoria il celebre "L'Armata Brancaleone", diretto dallo stesso Monicelli. In "Cari Fottutissimi Amici" il regista non sfodera la sua consueta pungente dialettica; pur utilizzando un linguaggio colorito e non rinunciando ad alcune notazioni critiche - ancora influenzati una certa retorica del passato, gli italiani "sottovalutano" un carrista statunitense entrato a far parte del loro gruppo, peraltro un gran furbacchione, solo perchè di colore - la narrazione è "dolce", seppur con qualche venatura grottesca, ed una vena di malinconia - forse autobiografica - nel finale. Pur non riscontrando eccellenze, ho trovato il film piacevole; offre un'originale ricostruzione sociale e morale di un breve e particolare periodo della recente storia italiana.
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