Regia di Peter Greenaway vedi scheda film
Ha ancora senso parlare di cinema davanti a questa ennesima prova dell'autore inglese Peter Greenaway? Una rappresentazione come non la si è mai vista del teatro, del sesso e della morte. Forse sarà il primo film della storia in cui la luce è filtrata attraverso l'uso "aureo" della scenografia. Gli attori non interpretano ma recitano, non entrano mai in personaggi complessi, dotati di una coscienza, un'anima, una propria personalità. Greenaway estende a macchia d'olio bollente e granitico la sua invettiva contro il potere temporale e offre una raffigurazione della morte che non concede pietà all'occhio. E' un cinema ricchissimo, tragico, repellente, splendido dal punto di vista visivo, scritto con una grettezza, un pessimismo tale da far dimenticare qual'è il senso ultimo dell'opera. L'occhio rimane frastornato nello spazio/tempo teatrale in cui, svoltosi l'ultimo atto della tragedia, tutto rimane assolutamente falso e verosimile. Di una crudeltà degna di Sade.
E' il suo capolavoro, un'opera da far rabbrividire. E' uno shock a cui ci si abitua solo attraverso un'empietà totale nei confronti della scenografia. E' un film dall'ironia inqualificabile.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta