Regia di Umberto Lenzi vedi scheda film
Nella stranissima cronologia del poliziottesco italiano accade anche che un regista come Umberto Lenzi, che solo pochi mesi prima ha diretto Maurizio Merli nel ruolo del commissario Tanzi in "Roma amano armata", decida di riproporre nel suo nuovo film "Napoli violenta" praticamente lo stesso personaggio chiamandolo, però, Betti, come il commissario di "Roma violenta", pellicola diretta l'anno prima da Marino Girolami (nel finale della quale Betti, peraltro, moriva!). Probabilmente l'intenzione era quella di sfruttare il "traino" dell'effetto sequel di un'opera di grande successo e non a caso lo sceneggiatore (Vincenzo Mannino) è lo stesso di "Roma violenta" ed il titolo dei due film è praticamente identico, ma l'episodio è comunque curioso e significativo del fatto che Maurizio Merli è sempre lui qualunque nome gli si dia. Non cambia, infatti, il copione interpretato dal compianto attore romano: sganassoni, sguardi truci, metodi spicci e funambolici inseguimenti urbani. Tutta roba godibilissima per qualsiasi appassionato di film d'azione movimentati e con il bene a combattere il male in maniera manichea e senza troppe sfumature, molto meno potabile per i tanti soloni dell'impegno civile applicato alla settima arte (bene che ci sia ma non può essere la conditio sine qua non) e dei tanti appassionati (veri o presunti) del cinema d'autore più pensoso (e palloso). La verità è che i film con questo nostro ispettore Callahan dei poveri sono dannatamente divertenti: lo erano all'epoca, quando il cinema di genere era il vero cinema popolare e di cassetta e non vezzo snob per pseudo-intellettuali come è diventato ora (anche se il vento sta cambiando di nuovo: la "rivalutazione" del poliziottesco è stata così massiccia che, per essere di nuovo "originali" a molti converrà ricominciare a stroncare) e divertenti lo sono ancora oggi, soprattutto perché profondamente impregnati di quell'estetica vintage (brutta parola, lo so) che molti di noi sugli "anta" hanno vissuto (e in parte rimpiangono). Su "Napoli violenta c'è abbastanza poco da dire che non sia intercambiabile con quanto detto per analoghi prodotti: film di genere, godibile, con ottimi caratteristi (John Saxon ed Elio Zamuto su tutti), ben diretto da uno specialista del genere. Tra i difetti vanno segnalati la sceneggiatura ondivaga e frammentaria di Vincenzo Mannino (stesso problema rilevato in "Roma violenta", per quanto mi riguarda preferisco di gran lunga Dardano Sacchetti che aveva sceneggiato "Roma a mano armata"), un cospicuo abuso di caricature e macchiette dialettali (a tratti un vero e proprio profluvio di luoghi comuni della (pseudo)napoletanità, a cominciare dalla insopportabile figura dello scugnizzo furbacchione) e una certa stanchezza che tende ad affiorare in più punti. Memorabile invece la scena dell'inseguimento, culminato nella sparatoria sulla funicolare. Buona (ma poco utilizzata, forse perché le scene di azione pura non sono poi moltissime) anche la colonna sonora di Franco Micalizzi che "schifrineggia" alla grande (o era Lalo Schifrin a "micalizzeggiare"? Chi può dirlo). In definitiva un buon film ma non uno dei migliori del genere poliziottesco: voto sufficiente.
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