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Regia di Billy Wilder vedi scheda film

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La recensione su Prima pagina

di Antisistema
8 stelle

E' sempre piacevole vedere un film del Dio del cinema, specie nel panorama odierno sempre più malandato e desolante della settima art americana oramai ridotta per lo più a spazzatura con buona pace di pochi illuminati registi che ancora lottano per l'arte. 

Negli anni 70' si dice che il cinema di Billy Wilder sia crollato o scaduto di livello, evidentemente questa gente non sa cosa dice e capisce poco di cinema, visto che con Prima Pagina (1974), sono alla sua seconda opera di quel decennio, la quale dimostra semmai ancora la grandezza del regista quindi l'eventuale declino è rimandato forse ad altri film o ad altri registi della vecchia Hollywood. Wilder non amava girare dei remake, ma in questo caso fece un'eccezione anche se più che un rifacimento della Signora del Venerdì di Howard Hawks (1940) è un riadattamento dell'opera teatrale omonima di Ben Hecht, della quale il regista decide di mantenere l'ambientazione originaria del 1929, anche se alla fine della visione risulta chiarissimo come gli USA siano un paese sempre uguale a sè stesso in ogni tempo e spazio. 

Partendo dalla situazione del giornalista Hildy Johnson (Jack Lemmon), brillante cronista del Chicago Examiner, che vorrebbe lasciare la carriera per sposarsi con Peggy Grant (Susan Sarandon), Wilder insieme al suo fido sceneggiatore I.A.L. Diamond, confeziona una commedia che grazie al suo ritmo brioso e al cinismo di cui è pregna, riesce brillantemente a superare i problemi tipici del "teatro filmato", sfruttando con estrema sagacia registica in modo abile lo spazio scenico della sala stampa della Corte Criminale, in cui sono radunati vari giornalisti in attesa di assistere all'esecuzione tramite impiccaggione di Earl Williams (Austin Pledenton), accusato di aver ucciso un poliziotto di colore, quando in realtà lo si vuole togliere di mezzo per le sue idee anarchiche anti-capitaliste. 

Il ritratto dell'america di Billy Wilder è altamente impietoso, partendo dalla figura dei giornalisti per cui Wilder (come il sottoscritto) non nutre alcuna simpatia sin dai tempi di quel capolavoro dell'Asso nella Manica (1951), tramite il personaggio interpretato da Lemmon confeziona sagaci massime ciniche su come tale categoria giochi tranquillamente a poker e si sbronzi di alcool in modo pigro come becchini in attesa del morto sul patibolo, per poi poter ricamare false notizie per pompare le vendite dei loro rispettivi giornali, siamo lontanissimi quindi dal ritratto anti-storico ottusamente agiografico che ad esempio il sopravvalutato Steven Spielberg compie in The Post (2017), Wilder aveva capito già decenni orsono tutto sulla non etica posta alla base della categoria a cominciare dallo sciacallo direttore del Chicago Examiner Walter Burns (Walter Matthau), che concepisce la propria professione con l'unico scopo del profitto e zero interesse ad informare il pubblico della realtà dei fatti, arrovellandosi sin da inizio film su come infiocchettare la notizia dell'impiccaggione di Williams dispiacendosi che nello stato non fosse in vigore la morte per sedia elettrica, privando così la possibilità di poter sfruttare titoli shock in prima pagina, nonchè il suo totale cinismo nei confronti delle imminenti nozze del suo dipendente Johnson, che finirebbero con il privarlo di un ottimo cronista e quindi fa di tutto per sabotarle. 

 

Jack Lemmon, Walter Matthau, Susan Sarandon

Prima pagina (1974): Jack Lemmon, Walter Matthau, Susan Sarandon

 

Nel "paese della libertà" intorno all'esecuzione di un povero uomo il potere mediatico, giudizario e politico, divente tutt'uno per banchettare al triste tavolo in modo da trarre ciascuno per sè il massimo profitto dalla vicenda, a cominciare dallo sceriffo Hartman (Peter Gardenia) che vede complotti bolscevichi ovunque e cercando in Williams un perfetto capro espiatorio innanzi all'opinione pubblica per placare la loro paranoia anti-comunista, il tutto con il compiacente sindaco (Harold Gould), che insieme al suo fido sceriffo, è riuscito ad ottenere la posticipazione dell'esecuzione di qualche giorno per poter beneficiare elettoralmente dell'accaduto ed infine la categoria della stampa, che dovrebbe servire "chi è governato e non chi governa" (Sentenza della Corte Superma degli Stati Uniti d'America del 1971) ed invece ha totalmente abdicato al proprio compito per confezionare sensazionalismo tanto al chilo e scoop creati ad arte per compiacere gli istinti dei loro lettori allo scopo di aumentare le vendite dei quotidiani e quindi si ritorna sempre lì; la ricerca del profitto e del potere al di sopra di ogni cosa, cercando eventuali problemi che inceppino tale stile di vita non all'interno del paese, ma sempre a cause esterne a cominciare dalle ideologie comuniste ed anarchiche, quest'ultima sostenuta di Earl Williams considerato un nemico ed un anormale solo perchè non è uno zombi alienato dalla società dei consumi, ponendosi degli interrogativi sulla non giustizia alla base del capitalismo che muove il sistema paese. 

Si ride meno rispetto ad altre opere del regista, solo perchè oramai con la scomparsa del codice Hayes il cinema di Billy Wilder s'è fatto ancora più cinico e senza alcuna speranza verso i propri protagonisti, all'invettiva non sfugge neanche Hildy Johnson interpretato da Jack Lemmon, vittima della sua sete giornalistica arrivando a trascurare la futura moglie, sotto lo sguardo perso ed incredulo della giovane ma già bravissima Susan Sarandon, attrice il cui impegno civile a favore della causa di sinistra (e non il surrogato scadente del Partito Democratico USA) è sempre stato netto. 

Wilder mette tutto in scena con toni esagerati, grotteschi, parodistici e sopra le righe, i giornalisti, le autorità e tutti gli altri personaggi non sono altro che macchiette ridicole. Gli unici a salvarsi, rispetto agli altri, sono i personaggi guarda più ai margini del sistema come il condannato a morte motore di tutta la storia e la prostituta della zona, con la loro storia d'amore. Al di la della forte critica al giornalismo e alla società in generale Wilder ci regala l'ennesima commedia frizzante piena di spunti divertenti (la scrivania, i telefoni, gli stratagemmi di Burns per mandare a monte il matrimonio), diretta con l'abilità del maestro che era e per di più con un ritmo rapidissimo che fa letteralmente volare il minutaggio, giungendo ad un finale che risulta un sopresa dietro l'altra dove il buonismo viene spazzato subito via dall'umorismo nero con una chiusura stile American Graffiti di George Lucas (1973), ma senza la malinconia di quest'ultimo, ma mescolando insieme ipocrisia del destino, risate e cinismo, solo come il Dio del cinema sapeva fare, con un film che forse nella sua spietata condanna può non raggiungere i risultati capolavorici dell'Asso della Manica, oppure semplicemente siamo noi miseri spettatori mortali che non abbiamo un cervello adatto a poter comprendere totalmente l'arte del Dio del cinema cercando difetti dove non esistono, ma risulta comunque innegabile che siamo innanzi all'ennesima grandissima opera di Billy Wilder; l'ultima ad avere un positivo riscontro ai botteghini (ma non chissà che comunque) da oltre 10 anni, nonchè l'unico suo film ad incassare negli anni 70' e ricevere comunque delle nomination ai Golden Globe, forse sintomo di un'opera difficile e troppo scoperta nella critica verso i valori e le ideologie americane oramai in frantumi e devastate dai reciproci conflitti d'interesse. 

 

Jack Lemmon, Walter Matthau

Prima pagina (1974): Jack Lemmon, Walter Matthau

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