Regia di Orson Welles vedi scheda film
La signora di Shanghai è un grande film di genere, forse il capostipite del noir del secondo dopoguerra; Orson Welles lavora sull'immagine divistica di Rita Hayworth, rimodellandola ai danni del pubblico americano, rendendola una vera e propria femme fatale in grado di svettare su un eccellente cast al maschile. Il film vive di grande ritmo, grazie ad un montaggio che alterna ritmicamente l'amata profondità di campo dell'autore con primi piani ben sfruttati al fine di aumentare l'ambiguità di tutta la vicenda.
A rendere La signora di Shanghai una delle opere più riuscite di Welles è il suo perfetto equilibrio, il gusto per la pura narrazione atta a sorprendere e spiazzare e la (non troppo celata) visione cinica dello showbusiness statunitense; non a caso, dopo questo film l'autore andò in esilio in Europa per dieci anni. Tra la grottesca e ridicola rappresentazione del sistema giudiziario, connessa alla diatriba tra Welles e William Randolph Hearst relativa a Quarto potere, e la raffigurazione di un sistema classista, machiavellico e compiaciuto nello sfruttare il povero ed incosciente protagonista.
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