Regia di Orson Welles vedi scheda film
Orson Welles a meno di 30 anni a curriculum non aveva solo film come Quarto Potere (1941) o L'Orgoglio degli Amberson (1942), ma anche l'invidiabile posizione di marito della bellissima Rita Hayworth; se ai botteghini e parte della critica stentavano a riconoscere il suo genio artistico, quando tornava a casa aveva di certo la moglie a consolarlo e così tra una girata nelle lenzuola e notti di fuoco, negli attimi di pausa le nostre due anime tormentate avranno pensato di unire le loro forze per risolvere i loro problemi; Welles avrebbe sfruttato lo star power di Rita Hayworth nel suo momento di massima gloria, mentre l'attrice stanca di essere intrappolata in noir sullo stile di Gilda (1946), voleva qualcosa di nuovo.
Orson Welles allora scrive, dirige ed interpreta come protagonista insieme a sua moglie un noir anomalo dal titolo La Signora di Shanghai (1947), spiazzando i dirigenti della Columbia, critica e pubblico.
Premessa, questo fu il mio primo film con Rita Hayworth ed il mio primo noir classico, ne capì la forza però non la rottura, dopo aver visto alcuni film del genere e soprattutto Gilda, capisco perché il film spiazzo' tutti.
Rita Hayworth fino a quel momento interpretava si personaggi sul filo della dissoluzione, ma sempre di buon cuore in fondo e il suo tratto estetico caratteristico era la sua lunga chioma rossa.
Orson Welles la trasforma in una femme fatal adultera e dai connotati negativi e le fa tagliare i capelli e tingerli di biondo, morte a Gilda, nuova vita e gloria a Elsa Bannister. La Signora di Shanghai è un noir dai chiari connotati classisti; Michael O'Hara (Orson Welles), è un marionaio di mondo dalla mentalità sempliciotta ed ingenua, non c'è malizia in lui o la sottile arte dell'inganno tipica delle classi agiate a cui appartengono la bellissima Elsa Bannister, il più anziano marito ed avvocato di lei Arthur Bannister ed il socio di quest'ultimo George Grisby.
"Sentite: un giorno, lungo le coste del Brasile, vidi l'oceano così pieno di sangue da sembrare quasi nero, mentre il sole tramontava in un cielo di fuoco. Ci ancorammo a Fortaleza, e alcuni di noi presero le lenze per pescare. Fui il primo ad afferrare qualcosa: era un pescecane, e poi ne venne un altro, e poi un altro ancora. In un momento, tutto il mare era pieno di pescicani, e ne venivano sempre altri, l'acqua ne era coperta. Quando il mio pescecane poté liberarsi dall'amo, aveva una larga ferita dalla quale perdeva sangue in abbondanza, e forse l'odore del sangue eccitò gli altri. Cominciarono a divorarsi fra di loro... e persino a mordere se stessi. Si sentiva nell'aria la follia del sangue che saliva fino a noi: un cupo alito di morte gravava tutt'intorno. Non ho visto mai cosa più orrenda, prima del picnic di questa sera... E badate bene, neanche uno dei pescicani di quel groviglio in furia sopravvisse. Tenetene conto."
Tramite questo racconto diegetico, inserito dal regista nella narrazione, c'è un'efficace metafora descrittiva le classi molto agiate con la loro sete di potere, nonché un'anticipazione di quello che avverrà nel corso della narrazione del film.
Molti si sono lamentati del carattere ingenuo del protagonista O'Hara il quale pur trovando comunque un precursore nel Walter Neff della Fiamma del Peccato di Billy Wilder (1944), forse è molto più sempliciotto e si distacca dai soliti stereotipi del genere.
La scelta è voluta, Welles voleva proporre un netto stacco tra il comportamento delle classi superiori e quelle inferiori.
La trama tenendo conto di questo divario è ingarbugliata, intricata e contorta, proprio come la mente dei tre personaggi agiati, trovare il bandolo della matassa è difficile e forse impossibile, lo stesso regista si arrendera' nel magnifico finale risolutivo tra scenografie allucinate, ombre marcatissime e specchi replicati all'infinito che simboleggiano una verità irraggiungibile quanto inafferrabile.
La Signora di Shanghai comunque segue per la maggior parte le regole narrative e stilistiche del noir classico, sia nella voce narrante fuori campo ed anche nello stile registico, un po' meno "aggressivo", però è anche vero che il noir è un genere che ha bisogno di classicità e rigore nella direzione (sarà un caso che con Jackie Brown, Quentin Tarantino confezionera' il suo film più trattenuto ed anomalo e per questo rigettato dal pubblico?), anche se non mancano inquadrature negli obiettivi riflettenti, il finale visionario e l'affascinante incontro tra O'Hara e Elsa in controluce all'acquario con i pesci sullo sfondo.
C'è anche una geniale commissione negli ultimi 30 minuti, tra genere giallo processuale con la commedia, con le inquadrature del pubblico curioso e dalle reazioni molto divertenti, per via dai continui ribaltamenti nel processo, visto tramite una dissolvenza di montaggio come una vera e propria partita a scacchi.
Praticamente cinema post-moderno decenni prima, quanto era geniale Orson Welles. Purtroppo anche qui si segnalano le manomissioni della produzione, come l'imposizione di girare dei primi piani e delle inquadrature negli studios e non tutto in esterna in Messico come voluto dal regista, tutto questo fece salire i costi a 2 milioni e allungò le riprese a ben 90 giorni sui 60 previsti (quindi la colpa non è stata del regista).
In post-produzione ci fu un ulteriore scontro, il montaggio voluto da Orson Welles fu di circa 2 ore e mezza, brutalmente accorciate di un'ora, specie nelle sequenze finali dalle elaborate scenografie. Lo stesso produttore disse di non aver capito nulla della trama (succede se un film pensato per durare 2 ore e mezza, lo riduci di oltre 1/3 della durata), così come sconvolto dal look di Rita Hayworth, fece ritardare la distribuzione del film di oltre un anno e mezzo dal completamento delle riprese. Negli USA fu un disastro ai botteghini e la critica fu mista nell'accoglienza ed incapace di riconoscere ancora una volta il genio di Orson Welles. Nonostante qualche passaggio sbrigativo specie nei 40 minuti finali e alcune imposizioni, ci si ritrova innanzi ad un piccolo capolavoro che ognuno deve riconoscere.
Quello che poteva essere un'occasione di ulteriore rilancio del regista dopo il successo dello Straniero (1945), fu un disastro per sé e sua moglie (qui alla miglior performance della propria carriera, tenera ed umana quanto cinica e bastarda), i quali poi divorziarono qualche mese dopo l'uscita del film.
Film aggiunto alla playlist dei capolavori : //www.filmtv.it/playlist/703149/capolavori-di-una-vita-al-cinema-tracce-per-una-cineteca-for/#rfr:user-96297
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