Regia di Tod Browning vedi scheda film
Browning applica una interessante variazione sul tema rispetto alla trattazione del dualismo diversità/normalità, visto praticamente in tutte le salse nella storia della cinematografia. Laddove il cliché prevede il classico rovesciamento dei ruoli - ovvero il diverso visto come individuo dotato di dignità tale e quale o addirittura più di tutti gli altri, e il "normale" deformato dalle sue colpe, peccati e vizi in mostro - Browning non casca nella trappola della commozione facile e assimila tutti i suoi protagonisti sotto la medesima categoria: quella degli uomini. É vero, l'aitante Ercole e l'altera Cleopatra - la forza e la bellezza - apparentemente risultano il frutto di una insopportabile artefazione. Sono il paradigma di ciò che la società etichetta come accettabile, secondo natura. Ma è anche vero che sono insignificanti e patetici artisti circensi, tali e quali ai freaks: come dire, puoi essere bello, puoi essere forte, puoi essere intelligente, ma non è detto che tutto ciò ti salvi da una vita di squallori. Ercole e Cleopatra orchestrano oscuri progetti ai danni del nano Hans, è vero anche questo: ma non è esattamente ciò che fanno anche i freaks, una volta mangiata la foglia e scoperchiate le loro trame? I normali e i mostri, i cattivi e i buoni, condividono identiche meschinità, identiche pulsioni, identici propositi. Il relativismo o meglio ancora, il fatalismo della pellicola trovano il loro apice nella gotica sequenza finale, con un castigo-vendetta difficilmente collocabile in una precisa categoria morale: esso sembra giustizia ma per converso non può non apparire come un macabro e gratuito contrappasso, poiché a Cleopatra viene strappata l'unica virtù che possedeva, ovvero la bellezza. Chi è il vero mostro? Chi non lo è? La doppiezza dei freaks sconvolge gli incubi assai più della loro deformità esteriore.
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