Regia di Luigi Magni vedi scheda film
Abituato alla satira papalina, Luigi Magni si trasferisce qualche secolo più indietro ed affronta una materia più delicata: la condanna a morte di Gesù, emessa dall’ignavia di Ponzio Pilato. È la storia di tutto quel che avvenne intorno e dopo la condanna, con i dubbi e l’orgoglio dell’uomo che non comprende fino in fondo cosa davvero stia accadendo.
Magni non si fa certo scrupoli a raccontare l’allucinante approssimazione in cui avvenne il tutto, tra antisemitismo palese e libero arbitrio, ma evita manicheismi e schematismi, proponendo un racconto ellittico e volontariamente apocrifo, che si pone anche con coraggio di fronte alla pesantissima materia.
La cura scenografica è indubbia, così come quella per i costumi (c’è la fedele Lucia Mirisola dietro), e le musiche (caso più unico che raro) non sono del maestro Trovajoli ma dell’etnico Angelo Branduardi; qualche appunto sulla fotografia sporca, non sempre piacevole e non so fino a che punto funzionale.
Nino Manfredi, feticcio del regista, ne è l’inevitabile interprete, con ciociara passione e pigrizia indiscutibile. Al suo fianco, uno stuolo di comprimari: chi vagamente fuori parte (Sandrelli, Buzzanca, Tognazzi), chi intonato (Scaccia, Herlitzka, Bucci, De Santis).
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