Regia di Luigi Magni vedi scheda film
E così il fustigatore dei papi e dei prelati si dedica qui ad una passabile vicenda ai margini della nascita del cristianesimo. Il pregio principale del film è che, pur essendo girato da uno come Magni, è rispettoso dei testi evangelici, compreso il lato soprannaturale (miracoli, resurrezione, ascensione...). Quanto a questo, non vi è il minimo intento parodistico o critico. Altri pregi sono una discreta interpretazione di Manfredi, una passabile della bella Sandrelli, e una buona piccola parte di Flavio Bucci come Erode. I limiti sono una certa aria televisiva, qualche scena un po' stiracchiata, un Buzzanca dalla recitazione ciabattona che è come la quinta ruota del carro.
A me sembra che il regista si identifichi in Pilato stesso, soprattutto quanto alla posizione del governatore in merito alla fede cristiana. Pilato, oltre che qualunquista, è irriducibilmente scettico, anche dopo aver assistito a svariati miracoli. Non mancano neppure nella realtà coloro che si rifiutano di credere anche dopo aver assistito a prodigi e segni come quelli. Accanto a questo scetticismo convivono curiosamente idee registiche come quella delle lance che si abbassano al passaggio del Figlio di Dio, o del velo col Suo volto. Tutto ciò denota sia un riconoscimento della figura di Gesù che un suo rifiuto.
Il film riflette anche sull'origine dell'antisemitismo, quanto mai pretestuoso e infondato. Nessuno sa quale fosse stato il destino del vero Pilato dopo la crocifissione. Io me lo vedo tormentato dai rimorsi e disperato; tanto più perché agì sapendo che Gesù era un giusto e che gliel'avevano consegnato per invidia. L'agire contro coscienza porta sempre all'angoscia.
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