Regia di Luigi Magni vedi scheda film
Luigi Magni torna a rappresentare l'antica Roma, in questo caso in un momento veramente cruciale (le parole sono importanti...), per parlarci del presente. Qui, sembra di capire, siamo all'appello alla tolleranza religiosa, con questo Pilato che, davanti al suo imperatore, a nome del quale si era lavato le mani, si assume la responsabilità dell'uccisione del Cristo, scagionando gli ebrei. Qui Magni ci presenta un Pilato originario di Sutri (attualmente in provincia di Viterbo) che parla con l'accento ciociaro di Nino Manfredi, originario di Castro dei Volsci (provincia di Frosinone) - che si rivolge a Giuseppe d'Arimatea con l'appellativo "a sor Giusè" - scettico sull'essenza divina del Cristo, ma affascinato dal suo messaggio egualitario e pacifico. Il risultato del film, tra inverosimiglianze storiche (la destituzione di Pilato da parte di Tiberio per la crocifissione di Gesù; l'accusa di deicidio che pende sugli ebrei appena dopo la resurrezione del Cristo; Barabba che consegna a Pilato il telo della Veronica, e via discorrendo) e interpretazioni da recita parrocchiale (vedansi la Sandrelli e un inutile Buzzanca), particolari triti e ritriti come la danza di Salomè, è appena sufficiente, in considerazione del messaggio laicamente cristiano di un regista che evidentemente ama Cristo ma disprezza la Chiesa che se ne è arrogato il monopolio, della buona prova di Manfredi (anche se, un paio di volte, si teme di vederlo accendersi una Muratti), e di qualche lampo di genio, come la disquisizione "revisionista" di Erode Antipa (un ottimo Flavio Bucci), che ridimensiona la strage degli innocenti messa in atto dal padre. (22 luglio 2007)
Colpito dalla conversione al cristianesimo della moglie Claudia e del centurione Valeriano, il governatore romano della Palestina, Ponzio Pilato, uomo laico, sentendosi in colpa per avere collaborato all'uccisione di quell'uomo che è resuscitato dai morti, indaga sul caso, sentendo puzza di rivolta contro Roma.
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