Regia di Vittorio De Sica, Federico Fellini, Luchino Visconti, Mario Monicelli vedi scheda film
Quattro episodi dedicati ad altrettanti aspetti della mercificazione del corpo femminile. Il comune sfondo è il sovraffollato carrozzone italico, in cui il maschilismo è un triste folclore tuffato nella sabbia dell'ipocrisia. L'ambiente popolare e quello borghese si alternano, nelle quattro storie, rivelando a malincuore i risvolti socialmente impresentabili della propria sessualità. In ognuna delle situazioni presentate, la donna si sforza di stare al gioco, però non si diverte; ed è nell'eleganza d'animo con cui sopporta le umiliazioni che il cosiddetto "sesso debole" dimostra tutta la sua forza.
Questa è una tesi articolata, che i quattro registi cercano di sostanziare in forma narrativa, sfruttando ciascuno la duttilità del proprio stile, ma con risultati non sempre felici. De Sica, ne "La riffa", ci propina uno strascico di neorealismo che smania per convertirsi in commedia all'italiana. Se la sua icona Sophia Loren, con la sua verace verve partenopea, regge magnificamente i fili della storia, la vicenda di paese di cui è protagonista vivacchia, purtroppo, di luoghi comuni, e la coralità si disperde in un bozzettismo sfrangiato ed incolore.
Fellini, ne "Le tentazioni del Dottor Antonio", pompa al massimo la sua visionarietà, gonfiandola di atmosfere metropolitane; l'effetto è surreale e onirico, però prosciuga, in un formalismo alla De Chirico, la sugosa carnalità e la succulenta fantasia circense dei suoi celebri capolavori.
Ne "Il lavoro", Visconti mette in scena la sua tipica teatralità aristocratica e decadente; però la noia che pervade l'alta società finisce per confondersi con quella suscitata nello spettatore da una sceneggiatura che si trascina innaturalmente, senza un adeguato supporto da parte delle emozioni.
Solo il Monicelli di "Renzo e Luciana" riesce a fare centro; nella sobria ambientazione dell'industriosa Milano, la sua satira si spoglia delle pittoresche caricature regionalistiche per indossare i panni del dramma popolare. Come nella vicenda dei personaggi manzoniani a cui il titolo si ispira, in questa storia, tratta dal modesto mondo impiegatizio, il sentimento e la morale della "brava gente" devono vedersela con le difficoltà materiali e l'arroganza del potere.
"Boccaccio '70" è un mosaico vario per forma e contenuti e, pur con la sua altalenante qualità, resta comunque il prezioso documento artistico di un'epoca di svolta per l'Italia e per il suo cinema: tramontata l'amara poesia della ricostruzione, questo film ritrae un Paese in cerca di un nuovo motivo per andare avanti e, soprattutto, di nuove direzioni a cui guardare per potersi dire più moderno e poter, finalmente, essere migliore.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta