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La caduta degli angeli ribelli

Regia di Marco Tullio Giordana vedi scheda film

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La recensione su La caduta degli angeli ribelli

di degoffro
4 stelle

Il secondo film di Marco Tullio Giordana, dopo l'exploit dell'anno precedente con "Maledetti vi amerò", conferma la regola non scritta secondo cui ad un'opera prima riuscita e convincente, oltre che carica di premi, ne segua quasi inevitabilmente una seconda davvero deludente e mediocre. E' bene sbaragliare subito il campo da interpretazioni equivoche o da inutili dubbi: "La caduta degli angeli ribelli" è un film davvero brutto e pasticciato, confuso e velleitario. Già la prima sequenza con il pomposo, teatrale e meccanico confronto tra Cecilia ed il padre malato terminale ("Cecilia saresti capace di uccidermi? E' terribile non riuscire a morire") mette in allarme. La scena successiva è purtroppo una triste conferma: Cecilia si ferma con l'automobile in uno spiazzo lungo l'autostrada e piange a dirotto. Uno sconosciuto che si è fermato nello stesso spiazzo, le si avvicina, le fa una domanda di cortesia e poi la bacia appassionatamente. Una sequenza che è un'autentica martellata in testa. L'imbarazzo è già tanto dopo soli dieci minuti di proiezione così come il forte odore di bufala, ma lo spettatore non può nemmeno immaginare che poi subentreranno prepotentemente sconcerto, incredulità, fastidio, irritazione, gelo. Giordana si affida ad una sceneggiatura, folle, insensata e sconclusionata, che il Morandini ha definito "un colabrodo", scritta con Mario Gallo e Vincenzo Caretti, quest'ultimo suo complice già per il film d'esordio, di cui "La caduta degli angeli ribelli" riprende il tema centrale, vale a dire il terrorismo. Ciò che colpisce molto in negativo di questo film è l'accumulo quasi paradossale ed insistito di sequenze di puro kitsch cinematografico e/o ridicolo involontario, assurde nella loro sfacciata, ripetuta ed esibita grossolanità. Come giudicare altrimenti, per esempio, tutta la parentesi napoletana con sequenze come quella del matrimonio, la successiva tentata seduzione della protagonista, in un bagno pubblico, per trenta mila lire (forse i famosi trenta denari!!!) da parte di una ragazza di umili origini, l'incontro di Cecilia in un ristorante con un campionario di personaggi quanto meno folcloristici e risibili, o con un gruppo di carabinieri che, evidentemente abbagliati dalla sua fragile bellezza, le perdonano il fatto che l'auto su cui viaggiava con Vittorio andasse ad altissima velocità a condizione che lei stessa si metta alla guida, il colloquio chiarificatore con un sacerdote di una chiesetta di periferia dove Vittorio chiede di potersi confessare, l'ultima visita di Cecilia al marito, a sua volta coinvolto non si sa bene come con il terrorista, giusto per "ritornare verso tutte quelle cose che contano per me" cioè soldi e lusso, dopo essersi resa conto che con Vittorio non ci sono più speranze (semplicemente grottesco). I colpi di scena sono demenziali (vedi appunto il ruolo del marito), i dialoghi lasciano di sasso per la loro infantile retorica (tra moglie e marito è un continuo ripetersi "Ti amo moltissimo" o "Ho bisogno di te") e il tono eccessivamente didascalico e letterario (frasi del tipo "spiati dentro" detta dal marito a Cecilia dopo che la moglie è tornata da lui; "Noi due chi siamo? Tu sei vicina a me, ma dentro di te stai già allontanandoti, ormai sei già andata via!", amara e patetica constatazione di Vittorio, già consapevole di essere stato condannato a morte da parte dei suoi vecchi compagni). Ci sono poi sequenze indecifrabili e criptiche come quella in cui Viola, la figlia di Cecilia, dopo che la madre le ha tagliato i capelli contro voglia, con un coltello, di notte, taglia i capelli a tutte le sue bambole: incomprensibile nel contesto della narrazione. La metafora degli angeli ribelli (nella sequenza nella parrocchia che dà il titolo al film Vittorio, di fronte al dipinto della caduta degli angeli ribelli, sostiene che "senza la fede non sei niente: questo è il vero peccato") è elementare, artefatta e di riporto, stucchevole e patetica, il finale ampiamente prevedibile nel suo delirante evolversi (insulso invece il ralenti conclusivo con Cecilia che lancia la pistola verso lo spettatore). E che dire dell'altisonante titolo del romanzo che il marito di Cecilia sta scrivendo, "Rivolta, terrore, senso del sacro nella società industriale moderna"? D'obbligo il velo pietoso. Il coinvolgimento emotivo poi del tutto assente anche a causa di una recitazione inadeguata e un pò gigionesca (Mezzogiorno) o fiacca e incolore (Goldsmith, certamente bella, ma per nulla incisiva). Quanto alla grande Alida Valli, la sua piccola partecipazione nel ruolo della governante Bettina, per la quale ha comunque vinto il David di Donatello quale migliore attrice non protagonista, non rende giustizia al suo immenso talento, ma pare giustificata solo dall'inutile esigenza di omaggiare il capolavoro di Luchino Visconti "Senso", di cui fu protagonista. Uno di quei film d'autore intellettual-filosofici, finto impegnati, ma del tutto presuntuosi e manieristi, con la pretesa di voler dire tante cose senza in realtà dire nulla, che hanno fatto la rovina del cinema italiano degli anni ottanta e novanta. "Ti vedo triste: non riesco a vedere se i tuoi occhi sorridono!" si dice nel film. Ed in effetti gli occhi del povero spettatore di fronte a questo polpettone ambizioso ed indigesto, fiacco e arrogante, irrisolto e scriteriato, non possono certo sorridere, anzi piangono lacrime amarissime pensando ai propri soldi (produce la Rai) buttati via per realizzare uno pseudo melodramma stitico ed anonimo come questo (in colonna sonora ritorna più volte il duetto da "Tristano & Isotta" di Wagner, ma è meglio pensare che sia casuale e che non si siano voluti creare inutili e ridicoli parallelismi tra i protagonisti del film e i due celebri amanti infelici). Francamente del tutto inutile. In concorso al festival di Venezia. Piccola partecipazione della futura regista Francesca Archibugi (è un'amica di Cecilia, a cui la protagonista confida il suo segreto, rivelandole il desiderio di fuggire con l'amante).
Voto: 3

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