Regia di Gianni Amelio vedi scheda film
Nel 1978, all'epoca della strage di Via Fani nonché del sequestro e dell'omicidio di Aldo Moro, le Brigate Rosse e in generale tutti gli autoproclamati combattenti per il comunismo sembravano invincibili e quasi onnipresenti ed onnipotenti, anche per il confronto con la prova di incapacità, quando non di complicità, offerta dalla classe politica italiana.
Dopo quel crimine, però, era cambiato molto. L'organizzazione si era divisa sull'uccisione di Moro, il famoso «eseguendo la sentenza», e c'erano stati diversi arresti nei suoi vertici, soprattutto in seguito al sequestro del generale americano Dozier. Per di più, alienatosi irrimediabilmente il favore della masse cui si rivolgevano, le B.R. si erano infilate in una escalation di omicidi che, dopo avere avuto ad oggetto dirigenti industriali e rappresentanti dello Stato (magistrati, carabinieri e poliziotti, politici), si erano, incredibilmente, appuntati anche sulla classe operaia. Da questo punto di vista, l'assassinio di Guido Rossa, operaio e sindacalista dell'Italsider di Genova, era stato il punto di non ritorno. Per questo, a distanza di soli quattro anni, i terroristi di Colpire al cuore, pur ancora capaci di uccidere, si aggirano per Milano come fantasmi, come reduci di una guerra persa, braccati dalle forze dell'ordine e quasi isolati dal resto della popolazione.
Amelio è uno dei primi registi italiani ad affrontare cinematograficamente di petto il fenomeno del terrorismo e lo fa adottando un approccio intimista, che si incentra sul rapporto tra le vecchie e le nuove generazioni. Anzi, è verosimile che sia proprio quest'ultimo aspetto ad interessare di più al regista calabrese. I terroristi sono infatti una generazione di mezzo tra quella del professore universitario Dario e quella del figlio studente liceale Emilio. Non a caso, i terroristi, pur giovani, hanno già figli e famiglia e, in tal modo, interagiscono come cartina di tornasole tra Dario ed Emilio.
Il primo potrebbe essere uno dei "cattivi maestri", oppure essere semplicemente innamorato della giovane militante Giulia, mentre il figlio, ancora non imbevuto di politica, vede la lotta armata con gli occhi dei quotidiani (La Repubblica, Il Corriere della sera) che legge abitualmente.
E se il finale sembra tramandarci un Dario sconfitto, al pari dei "fantasmi" suoi amici, non è più confortante l'immagine che Amelio ci consegna riguardo alla generazione di Emilio (che poi è anche la mia). E, per concludere, se è ipotizzabile perfino una sorta di identificazione per assonanza Amelio/Emilio, non si può non evidenziare come il ragazzo venga descritto come prodotto del momento del riflusso e capace della delazione perfino nei confronti di suo padre. Nel comportamento di Emilio non sono forse estranei neppure elementi (psicoanalitici?) di gelosia del figlio verso il padre, il quale, da parte sua, sembra avvertire un senso di vera paternità più nei confronti dei suoi ex studenti passati alla lotta armata che verso il suo figlio legittimo.
Questo duplice approccio frammisto di pubblico e privato è ben sintetizzato nel titolo che, se da una parte rimanda ad una parola d'ordine delle B.R. («colpire il cuore dello Stato»), dall'altra rimanda ad un cinema sentimentale, sebbene di un sentimentalismo asciutto, di matrice zurliniana.
Non si può, infine, non sottolineare come alla riuscita del film contribuisca in maniera essenziale la fotografia, davvero appropriata al clima plumbeo (qualcuno definì Colpire al cuore la risposta italiana ad Anni di piombo della von Trotta) del periodo, di Tonino Nardi.
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