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Colpire al cuore

Regia di Gianni Amelio vedi scheda film

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La recensione su Colpire al cuore

di maurizio73
6 stelle

Quindicenne riservato e sensibile scopre che la coppia di giovani amici che frequentano il padre,docente universitario di Letteratura, sono in realtà due spietati terroristi proprio quando uno dei due rimane ucciso durante uno scontro a fuoco con la polizia. Seguendo il padre e la giovane ragazza superstite, a cui questi è legato sentimentalmente, raccoglie prove sulla loro relazione ed il loro impegno politico facendoli arrestare in una drammatica resa dei conti finale. Primo lungometraggio di Amelio su soggetto proprio sviluppato dall'abile Vincenzo Cerami (pragmatico interprete degli umori più sotterranei della cultura e della società italiane), è in realtà un personale contributo di un autore da sempre in prima linea nel cinema di impegno sociale, alla definizione del rapporto tra gli istinti divergenti di una cultura politica dell'ambiguità e del sospetto,tra le anime contrapposte di un paese diviso nel punto più sensibile e dirimente di una convergenza tra dovere etico e ragioni del cuore,tra lo sviluppo di una coscienza civica libera ed autonoma e la naturale deferenza verso l'ingombrante presenza (culturale,psicologica,morale) della figura paterna. Forse viziato da uno strenuo ideologismo che rappresenta il limite più evidente del cinema impegnato di quegli anni (sempre dalla penna di Cerami ricordiamo 'Segreti segreti' del 1984 di Giuseppe Bertolucci) è un film che tenta di tenersi equidistante dalle ragioni della verità e della giustizia, puntando piuttosto su quelle di una sensibilità psicologica che scavi nelle contraddizioni di un conflitto generazionale (il padre mentore , gli allievi cattivi, il figlio disilluso e dialetticamente spietato) che sposta la sua battaglia dal privato al pubblico, dalle insicurezze del rapporto genitoriale alle implacabili certezze di uno stigma sociale. Nel tentativo di perseguire questa difficile alchimia tra credibilità psicologica e la tesi di una rigorosa dimostrazione etica, Amelio rischia però di ridurre i suoi personaggi a figure impenetrabili e meccaniche, caratteri che si stagliano sullo sfondo di un paesaggio metropolitano freddo e lattiginoso, talora privi di una identità definita (la madre autisticamente impegnata nel suo lavoro di traduttrice, la giovane militante, giovane madre di un bimbo già orfano, incerta tra impegno politico e derive sentimentali, il professore cattivo maestro di una ambigua dottrina, il figlio combattuto tra risentimenti personali e la ottusità di una implacabile coerenza etica). Interessante è invece lo spunto di una pervicace e acuta teoria dell'immagine, dove i sintomi di un'allarmante voyerismo rivelano l'essenza stessa del discorso cinematografico: le vite degli altri osservate dall'obiettivo di una macchina fotografica o dal pertugio di una vetrata infranta quale abietta manipolazione di una realtà inconoscibile e privata. Come sempre intenso e misurato lo sguardo lucido di un eccellente Jean-Louis Trintignant (ben doppiato da Luigi La Monica) e quello acerbo e impietoso del giovane Fausto Rossi nella sua unica prova d'attore; mal impegnata Laura Morante. Cattivi maestri degli anni di piombo.

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