Regia di Gianni Amelio vedi scheda film
Un uomo comincia ad essere padre quando si rende conto che la sua verità, di cui credeva di essere l’esclusivo possessore, è, in realtà, quella che sta trasmettendo al figlio. La responsabilità di essere il detentore/amministratore di un patrimonio condiviso getta una nuova luce sulle proprie scelte, dietro le quali, improvvisamente, si scorge, in trasparenza, la profondità prospettica che si estende verso un futuro lontano, fin oltre il limite della propria stessa vita. Per Dario, professore universitario di letteratura, ex-partigiano e simpatizzante delle Brigate Rosse, l’ideologia di sinistra è, ormai, poco più che un’inclinazione morale, un’umana propensione verso coloro che, a quasi quattro decenni dalla fine della guerra, considera gli epigoni di una battaglia mai del tutto vinta, mai del tutto conclusa. I terroristi della Milano dei primi anni ottanta sono, ai suoi occhi, i giovani, temerari interpreti di un’inquietudine irrisolta, che in lui cova silenziosa, sotto l’imperturbabile facciata della borghesia bene, mentre in loro si traduce apertamente in azione. Il suo pensiero, che, nella poesia che insegna, trova uno sfogo metaforico e disciplinato, continua idealmente in quella rivoluzione che si propone di cambiare davvero un mondo che, dall’ultimo conflitto, è uscito con le ossa rotte, e senza mai completamente riscattarsi. I sogni di libertà che sono costati tanto sangue si sono realizzati solo a metà; e, per quanto oggi, nella coscienza di Dario, il ricorso alla violenza sia comunque inaccettabile, egli si sente, istintivamente, vicino a coloro che, nell’inseguire un’utopia, stanno commettendo il suo stesso errore. Per Emilio, suo figlio quindicenne, immune da un passato che ha lasciato in sospeso tanti interrogativi, egli sta indubitabilmente dalla parte sbagliata, accompagnandosi a criminali ed assassini. La distinzione tra il bene e il male è quella semplice - e quindi imparziale, pulita e santa – operata dall’innocenza, e regolata, negli aspetti pratici, dai principi appresi con l’educazione civica: i sospetti vanno comunicati ai carabinieri, i colpevoli vanno denunciati alla magistratura. Il giudizio, nella sua mente ancora immatura, segue la strada diritta delle risposte fornite dal codice, anziché incamminarsi, e magari perdersi, nei meandri delle domande emergenti dai complessi ed imprevedibili casi della vita. In un certo senso, il ragazzo vede nettamente, perché non ha esperienza, e quindi capisce poco, e non è, come sua madre - ignara delle frequentazioni del marito - accecato dall’amore o distratto dalle preoccupazioni quotidiane. Il suo modo di agire, in fondo così spietato e disumanamente insensibile agli affetti, alle sfumature, ai dubbi, colpisce al cuore il problema di come definire correttamente il concetto di giustizia: prescindendo dalle considerazioni particolari, per garantire la neutralità, o tenendo conto delle differenti circostanze, attenuanti o aggravanti, che rendono due gesti, apparentemente identici, passibili di verdetti contrastanti. Estremamente indovinato, nel film di Gianni Amelio (come in Una fredda mattina di maggio, di Vittorio Sindoni), è il modo in cui la questione viene collocata entro la cornice della normale vita cittadina e casalinga, centrando, alla perfezione, la sconvolgente novità dell’epoca: la presenza di un nemico invisibile, che appartiene al tuo stesso ambiente, è colto e di buona famiglia (magari è proprio figlio di un tuo collega), eppure un giorno ti aspetta sotto casa per spararti.
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