Regia di Luciano Salce vedi scheda film
A trovare il volto 'umano' di Morandi (fino a quel punto impiegato dal cinema come cantante-bravo ragazzo) ci aveva già pensato Germi l'anno precedente con Le castagne sono buone; qui Salce gli cuce addosso un ritrattino di provinciale ingenuo, ma determinato nelle proprie scelte, convinto di cambiare il mondo (e le persone), ma che non si rassegna di fronte alle inevitabili prime (e seconde e terze...) sconfitte. Sceneggiatura di Alberto Silvestri (padre di Daniele) e Franco Verucci, una Maria Grazia Buccella in stato di grazia - stato nel quale ha attraversato tutti i '60 e buona parte dei '70, d'altronde - cui è richiesto un superlavoro di cambi di vestiti, ma poco o quasi niente nudo (anzi, in una scena nella vasca da bagno in costume adamitico ci compare Morandi); Franco Fabrizi entra ed esce dal film in una manciata di secondi, con una simpatica comparsata. Bel finale ultra-romantico ma spiazzantemente realista (insomma amaro), con ritorno delle lacrime sul volto della Buccella - come al primo incontro con Morandi - e cerchio che si chiude: tutto può ricominciare. Trama non originalissima, ma solida, pochissima volgarità e ben scritti i personaggi. 5/10.
Giovanni si trasferisce a Roma: vuole fare il giornalista, ma comincia come meccanico. Conosce la bella Giulia, ragazza squillo con cui va a convivere sperando di farle cambiare mestiere. E intanto riesce a introdursi in una redazione...
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