Regia di Ricky Tognazzi vedi scheda film
Sembra la solita storia di mafia, o meglio, la solita storia di denuncia sulla lotta alla mafia. Il magistrato che indaga dove non deve, viene minacciato e quindi messo da parte. Questa volta, però, il tema viene affrontato con le pinze, interessandosi più a chi ruota intorno alla figura del giudice. Sin dal titolo, si capisce che La scorta è un film diverso. Al centro della storia c'è, naturalmente, un magistrato, inviato da Varese a Marsala in sostituzione di un collega ucciso da Cosa Nostra, ma il vero tema è chi sono e come vivono i poliziotti che lo scortano e lo proteggono. C’è un siciliano di ritorno da Roma, un romanaccio che si lamenta, un padre di famiglia inizialmente ambiguo, un siculo segretamente fidanzato. Ricky Tognazzi, alla terza prova dietro la mdp, dopo la commedia Piccoli equivoci e il riuscito dramma a sfondo calcistico Ultrà, dirige la sua opera più matura.
Supportato da una precisa e asciutta sceneggiatura scritta dalla compagna Simona Izzo e dal fido Graziano Diana, è un film di denuncia per tutti, che prende spunto dalla cronaca, ispirandosi alla storia del magistrato Michele De Francesco. Il suo è un cinema caratterizzato dal vigore, dalla tensione narrativa incalzante, dalla necessità di raccontare storie vere. Peccato che dopo Vite strozzate si sia perso tra canoni inversi e quarantenni che dicono “no”. Come nel precedente Ultrà, si affida alla bravura e alle capacità di due ottimi interpreti del sottoproletariato romanesco come Claudio Amendola e Ricky Memphis, di Enrico Lo Verso, di Carlo Cecchi dalla magnifica potenza teatrale, e del bravo Tony Sperandeo nei ruoli positivi. Nell’altra sponda, quella dei cattivi, spicca l’eccellente Leo Gullotta, nel ruolo un po’ sacrificato, del tirapiedi del procuratore, un pettegolo viscido e sfuggente.
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