Regia di Andrew Birkin vedi scheda film
il paragone col libro di mc ewan si pone, essendo, il film di birkin, una trasposzione fedele e non un semplice punto di partenza. se ciò che però nel romanzo era la presa visione di un mondo allo sfascio, allegorizzato nel dramma familiare che si trascina in un vortice di auto-distruzione di quattro fratelli che, dopo la morte improvvisa del padre, colti dalla seguente e immediata morte della madre, la seppelliscono celandone il cadavere in una forma di cemento, il film di birkin, che è autore avezzo a un erotismo patinato, non sbaglia nella messiscena visiva, ma si permette ben più di una libertà. e a ragione. il mondo di mc ewan è spesso grigio e dai colori indistinti, sommerso dal grigiore di ambienti che sembrano stare per marcire, pidocchiose periferie che paiono inesistenti, tanto sono degradate. al medesimo tempo, esso è metafora dell'ambiguità dei comportamenti, che sfociano poi in un (a)morale atteggiamento nei confronti dei capisaldi della vita: famiglia, dio, patriarcato. scegliendo di scambiare i ruoli (jack è un efebo sognatore, julie un maschiaccio che si sobbarca il peso della famiglia) birkin costruisce benissimo tutta la prima parte, inserendo alcune ottime sequenze, forse appena un po' ridondanti, per rendere l'atmosfera onirica che accompagna quello che, nella versione di mc ewan, era il racconto per voce protagonista di jack, un suo lungo monologo, pur con dialoghi. senza flusso di coscienza, birkin indovina comunque di mantenere l'impianto su jack protagonista, dotandolo di una maggiore dose di ambiguità, tanto da farne risaltare il contraltare con la sorella, eburnea e gracile, quasi un ragazzo. la seconda parte, dopo un ottimo inizio, appare un po' stanca e birkin, temendo lo scandalo e la censura, non ha poi messo troppo carne sul fuoco. i nudi dei ragazzi sono sempre molto ben ritratti, in modo che l'integralità, che avrebbero forse meritato, destasse i cuori più puri. peccato. forse, calcando di più la sequenza (sconvolgente nel romanzo) dell'incesto "puro" dei due eroi, birkin avrebbe trovato la strada buona per uscire dal corridoio dell'immoralità morale di mc ewan, sposando, in toto, quella che ritengo essere la sua visione dell'opera, un panteismo fondato sul ricordo, sulla reminescenza, sull'ombelicale reditio ad originem che i due fratelli rappresentano uno per l'altro. per vincere la morte e la paura.
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