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Cape Fear. Il promontorio della paura

Regia di Martin Scorsese vedi scheda film

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La recensione su Cape Fear. Il promontorio della paura

di Peppe Comune
8 stelle

Max Cady (Robert De Niro) esce dal carcere dopo quattordici anni di dedenzione. Venne condannato per stupro, un crimine che con ogni probabilità lui aveva effettivamente commesso. Ma se l'avvocato difensore Sam Bowden (Nick Nolte) l'avesse difeso meglio, se avesse presentato alla corte un rapporto che delineava il profilo psicologico della vittima, avrebbe potuto avere una pena più lieve se non essere scagionato del tutto. Una volta libero Max Cady medita la vendetta contro l'avvocato, che deve essere lenta, insinuarsi come un tarlo nella pacifica ruotine familiare si da far risaltare le crepe irrisolte del suo rapporto con la moglie (Jessica Lange) e l'incomunicabilità di fatto con la figlia (Juliette Lewis), camminare al limite della legalità prima di esplodere con la stessa violenza che è stato costretto a subire in carcere, una violenza che gli ha irrimediabilmente corrotto l'animo.

 

 

 

Cape Fear" è un thriller pervaso di un'atmosfera torbida e delirante, un film che avvince per ritmo,suggestione,suspence e che è servito a Martin Scorsese per fare il punto sullo stato di salute del suo paese attraverso le figure di Max Cody e Sam Bowden, corpi e anime di due modi distinti di essere partecipi della stessa idea del male : rappresentazione di un castigo da infliggere ad ogni costo l'uno, simbolo della tracotanza erta a modello di vita l'altro. Scorsese non ci porta a conoscere le colpe di Max Cady ma a concentrarci sulla valenza "messianica" della sua vendetta, che è troppo calcolata e violenta per non essere pensata come il prodotto di un male più generale che particolare, come la morte dell'innocenza che non può non riguardare tutti. Mette l'uno di fronte l'altro due frutti della stessa natura sistemica dove l'esplicazione criminale del primo mette a nudo l'implicito potenziale malefico presente nel secondo. Max Cody è un congegno a orologeria pronto ad esplodere con un fragore dirompente, spazzando via tutto, il buono e il cattivo, il bello e il brutto, il colpevole e l'innocente, il giusto e l'ingiusto, perchè non è il semplice risultato dell'istintiva voglia di far soffrire chi gli ha recato sofferenza, ma è un piano architettato contro un intero sistema, lo stesso che gli ha inculcato la furia assassina di cui è venuto in possesso. Un piano che ha un obiettivo preciso, diretto contro chi si è arbitrariamente arrogato il diritto di non compiere il suo dovere di avvocato cambiando la sostanza del suo processo, ma che delineandosi come se si trattasse di una missione religiosa e portato avanti con tanta fanatica devozione, non può non far pensare a una sorta di "angelo vendicatore" venuto a interrompere il tranquillo andamento di un paese adagiato sulla propria ricchezza, a una proiezione in forma tragica dalla più bieca ipocrisia benpensante. Un essere indistruttibile che si è nutrito di tutta la rabbia di questo mondo, che resiste fino allo stremo delle forze, che sembra non voler morire mai, come il male di cui è vittima e carnefice insieme. Max Cady è come il taxista di notte Travis o il Paul Hackett imprigionato in una New York fuori orario e fuori giri, è come gli apprendisti mafiosi della little Italy o i bravi ragazzi che raggiungono l'apice del crimine organizzato. Un modo come un altro che è servito a Martin Scorsese per raccontarci la coscienza sporca di un paese che continua a ripetersi di essere il regno delle opportunità. Probabilmente, è anche per questo che si è ammalato di megalomania. Ottimi gli attori, con una menzione particolare per il "malefico" De Niro e le belle comparsate di "grandi vecchi" come Robert Mitchum, Gregory Peck e Martin Balsam.

 

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Ultimi commenti

  1. Carica precedenti
  2. Utente rimosso (Marcello Del Cam
    di Utente rimosso (Marcello Del Cam

    Mi scuso per i molti refusi: ho scritto a braccio e di fretta.

  3. dedo
    di dedo

    Sono veramnte colpito sia dalla ottima opinione di Beppe, ma anche dalle osservazioni puntuali e precise di Marcello. Di rado si osservano opinioni e "contro-opinioni" di così elevata qualità. Devo congratualrmi con ambedue, approfittando dell'occasione per salutarli entrambi. Dedo

  4. cheftony
    di cheftony

    Mi accodo a Dedo...complimenti ad entrambi!

  5. Inside man
    di Inside man

    Ottimo confronto d'opinioni, e nel merito, propendo per la versione di Marcello, più critica verso gli esiti del film di Scorsese: "surplus di accentuazioni" nell'impostazione timbrica della pellicola, adozione della componente biblico-messianica e sostanziale dirottamento di genere verso l'horror, sono insieme fattori concorrenti all'eccessiva (quasi "urlata") esplicitazione della polarizzazione (metaforico-simbolica) Cady-famiglia Bowden. Complimenti ad entrambi, ed un saluto a tutti gli intervenuti!

  6. trebby
    di trebby

    Ritengo che questo film almeno inizialmente avesse velleità sociologiche: il proletario Caddy che si vendica del borghese Bowden, in realtà alla fine penso abbia prevalso l'estetica della violenza contrapposta alla violenza dell'estetica di una società borghese, puritana e conservatrice. Mi spiego meglio: Caddy rappresenta la violenza in tutto il suo lato più esteriore, l'estetica della violenza appunto; mentre i Bowden rappresentano un edonismo borghese ridondante quasi violento, in altre parole chiamato la violenza dell'estetica. L'errore del regista è stato quello di caricare eccessivamente l'estetica della violenza eludendo le divagazioni intellettuali di un film basato sulla violenza come ''arancia meccanica'', alla fine è scaturito un thriller superficiale e banale.

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