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Una storia semplice

Regia di Emidio Greco vedi scheda film

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La recensione su Una storia semplice

di Baliverna
8 stelle

In una sperduta casa padronale in Sicilia, un professore emigrato in America e rientrato dopo tanti anni, scopre un segreto imbarazzante per molti. E lui lo anticipa per telefono alla polizia. Grave errore.

Mi è piaciuto. È bene interpretato dagli attori (specie da Ricky Tognazzi), con l'eccezione di Volontè (poi vediamo).

Emidio Greco, altrove regista criptico ed ellittico, qui dirige in modo lineare e tranquillo, ma non stanco, e senza inutili digressioni, sicché si segue l'oscura vicenda con interesse. L'atmosfera è leggermente rarefatta, come se ci trovassimo in una dimensione spazio-temporale indefinita, dove anche l'ambientazione è ridotta al minimo. A ciò contribuisce l'indeterminatezza e l'oscurità in cui è avvolto il fattaccio, al punto che non verremo mai a sapere certi dettagli fondamentali. Ad esempio, di che quadro mai si parla? Che cosa raffigura? Per chi è compromettente? Tutto ciò non è fondamentale per la rappresentazione di quello su cui si concentra l'attenzione, cioè la reticenza di certi, l'ambiguità di altri, e la ferma volontà di insabbiare la verità di certuni. Tuttavia, il fatto che la verità non venga mai alla luce aggiunge, secondo me, fascino al film. Ciò che è successo rimane un guazzabuglio torbido e oscuro, che coinvolge svariate persone che hanno scheletri nell'armadio. E costoro non vogliono che nei propri tenebrosi anfratti entri la luce.

Come dicevo, Volontè, secondo me, gigioneggia. L'altrove bravo attore qui calca la mano sul parlare sarcastico, allusivo, ambiguo e ironico, e ottiene l'effetto di essere quasi una caricatura di se stesso. So che non è stato rivelato da altri, ma a me ha fatto questa impressione. Il risultato è che il suo è un personaggio “bianco”, in cui non intravvedo nulla: nessun tratto caratteriale o psicologico, nessuna caratteristica. È molto indeciso anche sull'accento da dare alle sue parole, sicché sembra a tratti nordico, a tratti meridionale. Molto bravo, come dicevo, Tognazzi, attore che credo non (si) sia mai valorizzato in base alle sue potenzialità. Se il padre sapeva altalenare tra il comico e il malinconico, il figlio certamente riesce meglio nei toni seri e drammatici; ma di talento ce ne ha. Antonutti, dal canto suo, dà sfogo alla sua acredine per i preti cattolici interpretando, con il suo sguardo torvo e il suo volto grifagno, la figura di un inquietante sacerdote. L'operazione gli riesce completamente. Bravi anche Ghini e Dapporto, e Fantstichini.

Mi è piaciuta anche la fotografia e i campi lunghissimi sui panorami siciliani, filmati a ridosso della primavera, quando verdeggiano di un verde vivo e delicato. E quella leggera foschia come in certi quadri impressionisti.

A questo punto, mi piacerebbe leggere il racconto di Sascia, che purtroppo non ho letto.

 

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