Regia di Carlo Vanzina vedi scheda film
Il muso porcino della Snellenburg sintetizza lo spessore dell'opera: i Vanzina mettono in scena un fotoromanzo piatto, insulso, da rendere increduli per la catastrofica serie di banalità e luoghi comuni inanellati con invidiabile veemenza, senza neppure preoccuparsi di conferire una patina elegante al prodotto. Bellocci incapaci (e Bova è la sintesi umana perfetta della definizione, almeno nel 1993, quando ancora è costretto ad essere doppiato) allo sbaraglio, una trama da far rabbrividire persino un accanito consumatore di Harmony, uno squallore registico davvero inarrivabile: Piccolo grande amore ha come suo unico pregio quello di affossare ulteriormente la canzone di Baglioni, legandola stretta e con duplice nodo nella memoria collettiva a questo sottoprodotto perfino troppo ridicolo per riuscire ad innervosire lo spettatore. Siamo davvero dalle parti del Nulla Assoluto, ed in Italia solo i figli di Steno (ahilui!) sono arrivati a scavare così tanto a fondo, vantandosi per giunta.
La principessa del Lichtenhaus non vuole sposare il brutto e grassoccio pretendente, nobile anch'esso, impostole dai genitori. Fugge e si ritrova a fare la barista in un villaggio sardo; qui conosce un surfista belloccio ed aitante e se ne innamora.
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