Regia di Michelangelo Antonioni vedi scheda film
Più che di una recensione si tratta di un breve saggio ispirato dalla straordinaria lucidità tematica del film in oggetto.
Una fotografia può rivelarti un particolare della realtà che ti era sfuggito mentre quella realtà la stavi vivendo: nello specifico, il cadavere di un uomo nel parco. Ma se vuoi indagare su quella morte che non ti riguarda, non ti appartiene e di cui non devi sapere nulla, e fallisci, allora sperimenti un’alienazione tale da farti confondere la realtà con l’immaginazione e sembrare naturale assistere a una partita di tennis giocata senza racchette né pallina da un gruppo di mimi che imita alla perfezione i movimenti dei giocatori come se racchette e pallina ci fossero davvero.
La realtà non è conoscibile (ovvero attingibile in profondità) se non attraverso ciò che più fedelmente la riproduce ossia la sua rappresentazione fotografica, che tuttavia è inattendibile in quanto ne blocca con fissità illusoria l’inevitabile e irriducibile divenire. Donde il paradosso fondamentale: l’unico mezzo di espressione in grado di mostrare precisamente la realtà è irrevocabilmente inconciliabile con essa poiché basato su un solo istante (quello fissato per sempre dal clic dell’otturatore) quando invece il mondo reale è costituito da una somma infinita di istanti sempre diversi. Quanto al cinema – una serie finita di immagini fisse proiettate in modo da sembrare mobili – esso non fa che amplificare la complessità del problema. Tuttavia fotografia e cinema si comportano in maniera opposta nei confronti della realtà: la fotografia – mediante l’assenza del movimento – la uccide; il cinema – mediante l’illusione del movimento – la rende immortale. Incidentalmente, non si fotografano (quasi) mai le morti naturali, invece esistono celeberrimi ritratti fotografici di morti violente, talvolta illustri: ad esempio Mussolini (volto irriconoscibile), Salvatore Giuliano (volto nascosto), i due Kennedy, Che Guevara, Aldo Moro.
Peraltro sulle tombe si vedono soltanto fotografie di persone vive.
La fotografia è nata e dipende dall’uomo, la morte preesiste e prescinde dall’uomo.
Riflettere coscientemente su tutto ciò può indurre un senso di vertigine simile a quello che si prova tentando di penetrare il senso della vita o fissare l’attenzione sui confini dell’universo.
In tal senso Blow-up è il più logico, lucido e sincero film mai realizzato.
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