Regia di Michelangelo Antonioni vedi scheda film
L'acre resoconto di Antonioni sull'odierna società consumistica, condannata inguaribilmente alla frivolezza e all'inconsistenza, giunge all'acme in un finale metaforico e grottesco.
Michelangelo Antonioni struttura la sua decima pellicola (la prima che gira in lingua inglese) sullo sguardo distaccato e ossessivo di un giovane fotografo, interpretato dall'esordiente ma capacissimo David Hemmings. La sua patologica mania di scrutare tutto ciò che lo circonda (e di catturarlo in fotografia) non è, in effetti, un prodotto di pulsioni voyeuristiche, ma un vizio balordo, che non riesce a fruttargli alcun piacere in quanto fatuo e superficiale. Ma quando la sorte gli regala l'occasione di vedere le cose al di là dell'apparenza lui la sciupa miseramente: davanti a un possibile scenario di omicidio non gli preme di capirne i motivi, ma indaga quel poco che gli basta per scattare un'istantanea del cadavere. L'acre resoconto di Antonioni (sua e di Tonino Guerra la sceneggiatura del film) sull'odierna società consumistica, condannata inguaribilmente alla frivolezza e all'inconsistenza, giunge all'acme in un finale metaforico e grottesco nel quale il rimbalzo di una palla da tennis inesistente produce un rumore percepibile soltanto dal protagonista. Campeggia un orribile dubbio: e se fosse stata tutta un'illusione? Anche se la rappresentazione della donna è sessista fino all'osso (ma è un difetto perdonabile: altri tempi...), il regista è il solito maestro nell'ammaliare lo spettatore con ritmi dilatati e colori accesi sfruttati con valenze simboliche.
Commento sonoro in salsa jazz affidato a Herbie Hancock.
♥ Film OTTIMO — Voto: 8
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