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The Blues Brothers

Regia di John Landis vedi scheda film

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La recensione su The Blues Brothers

di LorCio
10 stelle

C’è poco altro da dire riguardo un film su cui si è detto di tutto nell’arco di trent’anni, ma l’occasione di rivederlo al cinema (sia benedetta la Nexo Digital, che sta scoprendo l’acqua calda con la riedizione dei grandi film) era troppo ghiotta. È un cult movie, e di conseguenza, a prescindere dal valore artistico e tecnico (comunque alto), va trattato per quel che è attualmente, cioè un pazzesco oggetto di goliardica venerazione per almeno due o tre generazioni. Le cover pullulano, la musica è immortale e il film tiene botta come sempre da tre decenni a questa parte.

 

Inutile ricordare la trama (che alla fine è anche frammentaria e non sempre fluida, se proprio dobbiamo essere pignoli) o stare appresso a rimandi, citazioni, situazioni e via discorrendo: il film parla da solo, con i numeri musicali da applausi (Everybody Needs Somebody to Love, Gimme Some Lovin’, Sweet Home Chicago), l’impasto di demenzialità e buffoneria, la comicità irripetibile (nonostante i troppi imitatori) di John Belushi (i cui occhiali, tolti una sola volta nell’arco del film, nascondono due occhi malinconicamente devastati) e Dan Ayrkroyd (che va avanti a pane bianco liscio), le idee pazze ed esilaranti (l’incontro con la suora, le vendette di Carrie Fisher, dei nazisti dell’Illinois e dei cantanti country), gli inseguimenti in cielo, in terra e in ogni dove, i cammei memorabili (James Brown come reverendo, la moglie isterica di Aretha Franklin, il venditore di strumenti musicali Ray Charles).

 

Un film oggi assolutamente inconcepibile, infattibile ed impensabile, figlio di un tempo e di una certa atmosfera, classico degli anticlassici, resurrezione del musical e celebrazione di un determinato modus vivendi che è musicale, politico, sociale, umano. Giusto per non essere banali, cito una nota di poesia: il grande Cab Calloway, vestito con la divisa dei Brothers, che canta la sua hit Minnie the Moocher di fronte ad un pubblico di cinquemila persone, immaginando di essere vestito elegantissimo e scintillante e di avere una scenografia d’altri tempi.

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