Regia di Harold Becker vedi scheda film
Noir-ocra d'antan, rimasto un po' in ombra in quella selva di giovani psico-thriller erotizzanti che furono i primi '90. Spicca nel calderone per l'aroma palesemente hitchkokiano, la misura con cui centellina l'eros e soprattutto per la pregevole, doppia caratterizzazione del Disturbo Narcisistico di Personalità, aspetto sfuggito al grosso dei critici, smarriti nei meandri di una trama sovraffollata; Baldwin ha gioco facile nel plasmare la faccia più crassa e ovvia della faccenda, più interessante il lavoro della splendida, machiavellica Kidman (quella vera, quella con faccia e capelli originali!) che si prende il suo tempo per sviluppare un ritratto credibile del proverbiale lupo sotto mentite spoglie, sfocia a più riprese nell'isterico-somatoforme e fa centro. Probabilmente il più dignitoso, insieme a Taps, tra i film di Becker, che qui gioca bene con il sensoriale, il tattile (il bicchiere, l'ago) ma straborda inserendo una sottotrama a vicolo cieco, quella del serial-killer, a dir poco superflua e straniante: espediente per inserire una giovane Gwyneth Paltrow o per bruciare un po' di pellicola, rimarrà un mistero. Fotografia intimista ora primaverile, ora caldo-umida, ora asettica che agisce di concerto con lo spartito di fondo e con l'ambientazione del New England. Da segnalare il cammeo di Anne Bancroft nei panni della madre alcolista dell'antagonista, clinicamente ineccepibile. Bill Pullman è il marito affranto, suona sempre la stessa nota e trasmette sconforto, ma il casting, in questo caso, è indovinato.
Godibile, prolisso, piccolo ma misterioso, a tratti confuso, ci sono i margini per rivalutare: da osservare con il giusto paio di lenti se interessati al topos, altrimenti rischia di passare per poca roba, cosa che non è. Ad avercene oggi, di pesi medi così.
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